Buongiorno!
Se qualcuno di voi è stato attento alla numerazione, forse a questo punto penserà che non so contare 😀 ma vi posso assicurare che non è così. Fino al 20 sono bravissima 😉
Il numero che vedete qui in alto è legato all’ordine con cui i nostri Ospiti ci hanno fatto visita, che per motivi che non vi sto a spiegare non è lo stesso con cui sono stati presentati sul Blog. Curiosi eh? Ma a me piace fare la misteriosa, perciò non vi dirò nulla 🙂
Ma non perdiamoci in chiacchiere inutili!
Passiamo subito a conoscere Marco Visentin, autore del romanzo “I Ditteri” edito da Licosia Edizioni.
Marco Visentin nasce nel 1971 a Roma. È laureato in filosofia, disciplina che insegna in un liceo romano. Si è dedicato alla scrittura professionale, come giornalista e copywriter per siti inerenti al mondo della scuola, degli enti locali e dello spettacolo dal vivo. Come narratore, ha pubblicato racconti per Einaudi, Adnkronos Libri, e testate locali. L’idea e il capitolo iniziale de I ditteri sono stati premiati nella rassegna di arte giovanile Enzimi nel 2000. La trama è stata sviluppata successivamente fino alla stesura di questo romanzo, che è il primo dell’autore.
Ed ecco invece di cosa parla il suo romanzo.
TRAMA:
Che cosa accadrebbe, se si scoprisse che le mosche hanno facoltà telepatiche? E se si provasse a trasferire queste capacità al genere umano? I ditteri segue l’itinerario delle risposte a queste due domande, con gli occhi, la mente, e il cuore di un’entomologa all’interno di un mondo distopico, dove apparenza e realtà raramente coincidono.
Chi studia questi animaletti è la protagonista del romanzo, un’entomologa di nome Silvia K., che fa ricerche sulla trasferibilità di alcune qualità delle mosche al genere umano. Il tutto all’interno di un universo distopico dominato da organizzazioni postcapitaliste e democrazie solo formali.
Ci troviamo di fronte a un futuro che potrebbe essere, o già è: una città divisa in settori, una scienza matrigna che domina tutto, gli esseri umani che, come mosche, sbattono sui vetri della loro identità. Senza trovarla. Senza trovarla. Senza trovarla.
Devo ammettere che non amo particolarmente questi animaletti fastidiosi, ma la visione di questo autore è davvero interessante.
Ovviamente anche lui è stato torchiato per bene nel Gruppo 😉 e qui vi proponiamo un breve sunto dell’intervista 🙂
- Il tuo romanzo in tre aggettivi.
- Dialettico, dualistico, cerebrale. Dialettico lo spiego, così poi faccio scappare tutti dal mio libro: la struttura del libro di cinque capitoli era modellata sui movimenti dello spirito nella filosofia hegeliana. La protagonista che si auto-pone; la protagonista che esce da sé come personaggio altro; il rientro nell’oggettività apparentemente neutra della scienza; l’uscita nella narrazione in prima persona come punto di vista della soggettività della protagonista rispetto alla oggettività scientifica; il rientro nella conclusione che spiega (o non spiega) il senso di tutto.
- Sei anche un giornalista, hai vissuto e vivi il mondo dell’informazione , secondo te, come verrebbe trattata oggi dai mass media la notizia della scoperta scientifica su cui si basa la trama de “i ditteri”? Riccardo M.
- Le notizie sarebbero due: la prima che le mosche comunichino telepaticamente; la seconda che questa capacità sia reimpostabile e sia effettivamente reimpostata nell’uomo. La prima sarebbe diffusa come vengono diffuse le notizie su alcune novità scientifiche che potrebbero avere sviluppi materiali: spiegazione della scoperta —> intervista con l’esperto —> portata della notizia piuttosto circoscritta. La seconda sarebbe divisiva, epocale. Il totem metafisico rappresentato attualmente dalla scienza si troverebbe di fronte alle mille metafisiche individuali o di gruppi bollate come ignoranti…
- Hai altri progetti in cantiere?
- Vorrei lavorare su un romanzo più vicino alla mia città (Roma) e al mio tempo, non più al mondo e all’umanità tutta, ma sempre con degli elementi distorsivi del reale. Sarebbero storie urbane su attività terroristiche sui generis e a sfondo comico, sulla fruizione di pornografia giapponese e sul razzismo contro le comunità rom. Ma sono delle linee ancora molto vaghe.
- Cosa pensi del panorama editoriale di oggi?
- Non sono abbastanza informato, credo. Come giornalista, ho lavorato fino a due anni fa per l’editoria specializzata che segue una logica tutta sua. E’ chiaro che tutto il sistema è debole laddove siamo come Paese quasi più scrittori che lettori. L’esperienza personale però è disarmante, non solo nella ricerca dell’editore, ma in tutto un sistema di attori della filiera che nel migliore dei casi lavorano come se avessero un banco di frutta al mercato e nel peggiore designano come loro cliente privilegiato autore anziché il lettore. A differenza tua, Liliana Marchesi, che in qualche post passato hai dato un’interpretazione ottimistica del panorama editoriale, nel quale comunque il merito viene premiato, io credo che un sistema così di talenti ne perda tanti. E credo che sia un fenomeno che possa essere tranquillamente esteso al sistema dell’intero Paese.
- Cosa pensi dell’editoria a pagamento che hai già citato in un’altra risposta?
- Dal punto di vista degli imprenditori-editori, ho la peggiore opinione possibile. Si tratta di parassiti, che non hanno nessun progetto di impresa.
Dal punto di vista degli autori, ci sta che per motivi imponderabili uno possa volere autospesarsi una pubblicazione. La sconsiglio perché non viene fornito nessun servizio accessorio, e l’autore il più delle volte, una volta avuti in mano i libri, non sa che cosa farsene.
Debbo dire che però da parte di molti operatori professionali vige una sorta di lista di proscrizione, che penalizza anche l’editoria fondata su “buoni” principi.
Specialmente appena uscito il romanzo, mi è capitato più di una volta da parte di librai indipendenti, che a Roma hanno fama di librai illuminati (in quanto indipendenti), percepire un po’ di sufficienza nei confronti del mio libro, poiché proveniva da una casa editrice poco nota, che poteva essere “in odore” di editoria a pagamento. E questo è davvero inaccettabile.
Ma piano piano le cose stanno cambiando. Sia la casa editrice che il mio libro stanno acquisendo quella che in gergo giornalistico viene chiamata “reputazione”. - Dalla sinossi del tuo romanzo deduco che il contenuto non sia proprio facile da “digerire”. C’è una componente splatter o quanto meno la presenza di scene un po’ forti? Elisa R.
- A dire il vero è molto circoscritta. Gli esperimenti sulle mosche, e su una specie precedente che però non funziona, occupano 3-4 pagine sulle 184 del libro, e non indulgono nello splatter, direi. Sulle scene forti invece sì. Credo che la scrittura debba concentrarsi sul senso della vista, per essere interessante. Si rappresentano azioni come le vedono gli occhi, più che come le sente il cuore della protagonista o dell’autore. Però se cerchi sangue, smembramenti, pezzi di corpo a destra e manca, non sono elementi presenti.
- Parlaci dei protagonisti.
- La protagonista è Silvia K. E’ un’entomologa, che si adatta a fare lavori diversi dal proprio corso di studi, quando si trova in difficoltà economiche, dovute alla perenne attrazione delle ricchezze da parte dei poteri dominanti. ma non esprime mai né ribellione, né consenso a questi poteri. Vive, in ogni condizione della sua esistenza, comportamenti e sentimenti intermedi. Considera le cose, ma anche le ragioni in contrasto con quelle cose. Se dovessimo farne una caricatura, sarebbe come l’asino di Buridano che non si decide mai verso quale dei due mucchi di fieno andare e per questo muore di fame. E poi Silvia ha un suo doppio, una persona tra l’immaginato e il reale, Federica, che conduce una vita differente da Silvia, ma con la quale lei sente una condivisione di pensieri e comportamenti, in luoghi differenti.
Allora cosa ne dite?
Non so voi, ma io credo che non guarderò mai più una mosca nello stesso modo!
Anche per oggi è tutto Distopici Amici, alla prossima!
Bye Bye