Trama:
Cosa faremmo se un tablet ci permettesse di monitorare attraverso uno schermo ogni minima azione di nostro figlio, ventiquattr’ore su ventiquattro? Come ci comporteremmo se ci venisse offerta la possibilità di ricreare in carne e software l’amore della nostra vita morto prematuramente? Gli interrogativi sollevati dalla serie ideata da Charlie Brooker ci fanno tremare, ma più inquietante è forse il fatto che Black Mirror, promossa su Netflix come un racconto di fantascienza, ci spaventi più per lo sguardo rivelatore sul nostro presente che per la sua capacità di presagire il futuro. Io non sono qui scrive Fabio Chiusi, uno dei giornalisti italiani più attenti al contemporaneo, che come risvegliatosi da un incubo ripercorre la via tracciata da Charlie Brooker e ne prosegue idealmente il viaggio, provando a spiegarci chi siamo e chi stiamo diventando, e quanto profondamente ci stiano cambiando le tecnologie di cui facciamo quotidianamente uso. Un viaggio in un mondo in cui i confini fra virtuale e reale tendono a sovrapporsi. Un viaggio nel quale Fabio Chiusi attinge alle più svariate fonti della contemporaneità, ritrovandosi quasi naturalmente a parlare di vita, sentimenti ed emozioni ancor più che di algoritmi, programmazione e realtà aumentata. Perché la prima grande risposta alle domande a cui Black Mirror ci mette davanti è che i problemi tecnologici sono, prima di qualsiasi altra cosa, problemi umani.
Recensione:
Salve amici distopici! Quello di cui mi appresto a parlarvi oggi non è un romanzo, bensì un reportage. “Io non sono qui – Visioni e inquietudini da un futuro presente” di Fabio Chiusi, edito da De Agostini, è suddiviso in nove articoli che intrecciano la nostra realtà a quella creata da Charlie Brooker, ideatore e produttore di “Black Mirror”. Quest’ultima è una serie tv anglosassone di stampo fantascientifico, ha conseguito numerosi consensi raggiungendo una fama ragguardevole; ogni episodio differisce dall’altro, reinventando il cast e la trama, ogni volta in maniera diversa e definitiva. Gli unici sfuggenti punti di contatto sono la scelta di ambientarli in un futuro peggiore ipotizzabile ma autentico che, sotto certi aspetti, si avvicina ai giorni nostri e per le forme di tecnologia più disparate e all’avanguardia in perfetta armonia con la realtà che circonda i personaggi.
“Il mondo ritratto in quella serie tv non è il mio, mi dico ogni volta, è solo l’immaginario cinico di Brooker che gioca con la realtà. Somiglia al nostro mondo, ma non lo è. Io non sono qui.”
L’uomo, seppur artefice di questi aggeggi, si trova suo malgrado ad esserne una vittima assoggettata, ha alla sua portata un grande “potere” ma non riesce ad usarlo in modo coscienzioso; questo si evince anche da aspetti del suo carattere, solitamente reconditi, che vengono portati all’estremo, ad esempio un egoismo o un narcisismo spropositato. Attraverso questo volume il Chiusi percorre, con consapevolezza, un cammino nei meandri salienti della cronaca contemporanea e dell’universo distopico, sviscerando tutta una serie di avvenimenti e riflessioni interessanti agganciandosi ad alcuni episodi specifici della serie. Si spazia dal cosiddetto “algoritmo dell’amore” dei siti d’appuntamento online al fenomeno del “transumanismo” o addirittura al massiccio incremento di misure di sorveglianza digitale per monitorare i figli e tanto altro ancora. Rivolge ai lettori interrogativi di una certa rilevanza e mai insulsi, mettendo in risalto il rapporto che oggigiorno abbiamo con la tecnologia, divenuta parte integrante della nostra quotidianità, e che diamo per scontata. Eppure Chiusi non vede la tecnologia come uno spauracchio, piuttosto come uno specchio deformante che riflette i problemi che attanagliano la società odierna pertanto, anche se essa sarà sempre una costante, il consiglio è quello di tentare di trovare un equilibrio e destreggiarvisi… Non deve essere la tecnologia a “influenzare” l’uomo, ma sta a lui manovrarla al meglio.
“[…] sta all’uomo comprendere come sottomettere la tecnologia, invece di sottomettervisi.”
Lo scrittore si auspica un utilizzo più consapevole di questi strumenti che purtroppo ci condizionano e incidono irrimediabilmente sulle nostre vite, facendoci sprecare ore preziose del nostro tempo stando incollati ad uno schermo di qualsivoglia smarhphone\tablet\pc e simili. Tuttavia a farne le spese sono sempre i rapporti umani che vengono messi alla prova e raramente ne escono vincenti, oramai sembra essere diventata una priorità ottenere l’approvazione degli altri attraverso il numero dei likes conseguiti. Immaginare combinazioni alternative del mondo – avvalendosi della distopia di genere – può essere quello stimolo in più per comprendere il nostro e prevenire determinati cambiamenti prima che sia troppo tardi.
“«C’è bisogno di futuri speculativi, perché ci ricordano che il mondo in cui viviamo ora non è inevitabile.»”
Lo stile di scrittura è alla portata di tutti, preme in particolar modo su una comunicazione cristallina ed incisiva, è sufficiente avere un’infarinatura circa la serie tv e il volume scorrerà piacevolmente. Posso garantirvi che il mio coinvolgimento era ai massimi livelli, rendermi conto che alcuni aspetti evidenziati in Black Mirror stavano\stanno per concretizzarsi è stata una doccia fredda. Leggetelo e non ve ne pentirete! 😉
PS: Avente come punto di partenza sempre Black Mirror, dello stesso autore vi consiglio anche “Dittature dell’istantaneo. Black mirror e la nostra società iperconnessa”.
Elisa Raimondi