Buongiorno Distopici Amici ^_^
A grande richiesta torna la rubrica DANGER. Un appuntamento con il passato in cui andremo a scoprire luoghi ormai abbandonati, ma nei quali riecheggia ancora la vita che li animava un tempo.
Devo ammetterlo, ho la fissa per i manicomi (non diciamolo in giro prima che qualcuno fraintenda 😀 ), quindi anche oggi vi porto a visitare quello che fu, non solo un manicomio, ma un villaggio vero e proprio!
La storia di questo manicomio ha inizio ancor prima della sua nascita. Infatti, nel 1865, a causa di un’epidemia di colera, viene prescelta come succursale della Senavra (manicomio milanese) Villa Pusterla-Crivelli (villa che ospitò Napoleone Bonaparte nel 1797) di Mombello in Brianza, località che venne poi designata per costruire la nuova struttura psichiatrica.
Infatti, fra il 1873 e il 1878 vengono svolti dei lavori di ampliamento che trasformeranno l’edificio in un vero e proprio villaggio con oltre un migliaio di pazienti.
Oltre agli alloggi dei degenti, la struttura poteva vantare una biblioteca (per i medici ma anche per i pazienti), gabinetti scientifici, laboratori di sartoria e artigianato. C’era perfino un panificio. E poi ancora giardini e spazi coltivabili dove venivano impiegati gli stessi pazienti. Nel 1880 nacque persino un giornale interno: la Gazzetta del manicomio della provincia di Milano in Mombello, che venne stampato per ben 25 anni!
Non tutti i pazienti però potevano rendersi socialmente utili, infatti fra le varie categorie in cui erano suddivisi i reparti in base al temperamento dei pazienti: “tranquilli”, “agitati”, “sudici” e “lavoratori”; coloro che finivano nel reparto degli AGITATI venivano tenuti in isolamento e non potevano usufruire della “terapia del lavoro”.
Ma adesso passiamo ad altre chicche interessanti.
Sotto questo colossale edificio si estendono dei passaggi sotterranei che raggiungono la profondità di otto piani. Apparentemente sembrerebbero dei collegamenti fra i vari reparti, ma questi corridoi angusti in cui corrono chilometri e chilometri di tubature sono intrisi di segreti. Come segreto era il passaggio sotterraneo che conduceva fino alla piccola sala cinematografica del paese, in cui venivano portati di tanto in tanto i pazienti, senza che le persone “normali” li vedessero. Perché? Perché non volevano vederli.
In questi sotterranei vi è anche una porta oltre la quale non è possibile andare perché murata. Ma cosa c’è dietro a quello strato di mattoni?
Terra. Un reparto raso al suolo e sotterrato completamente. Quello degli AGITATI.
Nel 1935 invece arrivò un ospite che fece scalpore.
Benito Albino Dalser, figlio illegittimo di Benito Mussolini. Albino, come la madre Ida Irene Dalser, non rinunciò a proclamarsi figlio del Duce, motivo che lo portò a essere internato a Mombello, dove morì nel 1942 per consunzione. In seguito alcuni documenti rivelarono che fu indotto al coma con ripetute somministrazioni di insulina.
Un delitto che rivela il lato oscuro del ricovero manicomiale.
Ovviamente anche la madre venne internata in un manicomio, e qui le informazioni sono diverse e contrastanti. C’è chi dice che venne internata quando Albino aveva circa 11 anni, e c’è invece chi dice che Albino, dopo essersi imbarcato in seguito all’accademia navale, fu richiamato sulla terraferma con la scusa che la madre era morta. Al suo arrivo, avrebbero poi ricoverato entrambi in due manicomi differenti.
In entrambi i casi, direi che il risultato non cambia molto.
Dopo la legge Basaglia del 1978 prese il via il declino del manicomio di Mombello e nel corso dei vent’anni successivi si svuotò fino a divenire un luogo abbandonato.
Quante di quelle persone saranno state veramente pazze?
Una delle frasi scritte sui muri del manicomio cita “I pazzi sono quelli che stanno fuori”.
Voi cosa ne pensate? Io devo ammettere che mi trovo distopicamente d’accordo con questa affermazione.
Da allora, il tempo e l’inciviltà della gente hanno reso questo edificio storico un edificio sporco e in decadimento. Un riparo per senzatetto, tossici, stolti armati di bombolette spray incapaci persino di imprimere con correttezza grammaticale l’idiozia che circola nel vuoto dei loro cervelli.
Insomma. Un luogo che di dolore ne ha visto molto ma a quanto pare, grazie all’umanità che non impara mai dalla storia, non ne ha ancora visto abbastanza.
E adesso, prima di chiudere questa puntata con DANGER, un grande ringraziamento a Giacomo Doni, per averci fornito le immagini che avete visto. E per scoprire come ne è entrato in possesso… vi invito a guardate questo video!
E se anche voi volete sfogliare l’ebook di Giacomo Doni, cliccate qui 😉
Non mi resta che darvi appuntamento alla prossima puntata, in cui rivedremo anche il nostro nuovo amico Giacomo! ^_^
Un caro saluto dalla vostra Liliana Marchesi
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