Trama: Il libro di Soares è certamente un romanzo. O meglio, è un romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato un personaggio di nome Bernardo Soares e gli ha delegato il compito di scrivere un diario. Soares è cioè un personaggio di finzione che adopera la sottile finzione letteraria dell’autobiografia. In questa autobiografia senza fatti di un personaggio inesistente consiste l’unica grande opera narrativa che Pessoa ci abbia lasciato: il suo romanzo.
Recensione: Di recente sto “incappando” in un sacco di bei libri, segno che il mio sesto senso “libroso” funziona ancora come si deve!
Quello di cui oggi mi appresto a parlarvi è un classico della letteratura portoghese; finora conoscevo Fernando Pessoa solo in veste di poeta e ho colto subito la palla al balzo quando si è presentata l’occasione di cimentarmi con questo famosissimo libro che potremmo includere nella “prosa poetica”. Brevi brani, a volte composti da una sola proposizione, formano l’intelaiatura narrativa che ce lo presenta quasi come una sorta di diario delle emozioni.
Potremmo considerarlo anche uno zibaldone di pensieri slegati fra loro oppure un romanzo sotto forma di flusso di coscienza… Ciò di cui sono certa è che queste pagine sono pregne di una nota fortemente malinconica, ad un certo punto del libro l’autore esordisce così:
“Voglio che la lettura di questo libro vi lasci l’impressione di aver attraversato un incubo voluttuoso.”
E così accade davvero, ci troviamo giocoforza ad intraprendere, quello che definirei, un pellegrinaggio introspettivo. Il titolo che campeggia sulla copertina colpisce nel segno, ma non è sintomo che si tratti di un libro deprimente o eccessivamente pessimista piuttosto è da considerarsi intimista e ragionato.
Questo stile aforistico ne agevola di molto la lettura; tuttavia il mio consiglio è di tenerlo a portata di mano e centellinarlo così – quando se ne avverte la necessità – da apprezzarlo meglio e scovare qualche frammento che possa essere la spintarella giusta ad un vero e proprio dialogo con noi stessi, soprattutto quando siamo alla frenetica ricerca di una soluzione a quell’inquietudine che, talvolta, ci attanaglia.
Pessoa, con mano ferma, ci avvicina pericolosamente al limite della nostra resilienza. Si respira a pieni polmoni la complessità tipica della saudade lusitana.
Non esiste una chiave di lettura definitiva, ognuno di noi può trovarci qualcosa di diverso eppure sarà comune quel senso di “arricchimento spirituale”. Sarà come guardarsi allo specchio, l’autore si chiede “Chi sono?” rivolgendo quel quesito al lettore che, suo malgrado, dovrà confrontarsi con il proprio io.
Non vi nego che alcune di queste frasi hanno causato un gran parapiglia in me, molte di quelle riflessioni le sento davvero mie, tuttavia non sono mai riuscita a pronunciarle ad alta voce e meno che mai ad articolarle con così tanta bravura e franchezza.
Elisa R