Salve gente distopica.
Oggi parliamo di un progetto di Matt Briar, un corto se mi passate il termine, ma non per questo meno importante. Si tratta di “Open Museum” – Delos Digital edizioni – e pariamo subito con la trama:
Greta è una madre single che cerca di dare un futuro a sua figlia, Bea. L’unica speranza di una vita migliore è diventare cittadine di fascia Beta, risalendo la rigida scala sociale di una Milano prossima ventura. La chiave si nasconde in un sinistro reality show che illumina i televisori delle case… Da Matt Briar, autore di “Terre rare” (Watson Edizioni), un racconto elegante e riflessivo, sullo sfondo di un’Italia non troppo lontana nel tempo e nelle storture sociali.
Interessante, vero? Be’, devo ammettere di sì. Il racconto mi ha interessato e anche parecchio.
Come avrete capito, si parla di Greta, protagonista che viene narrata attraverso flashback e flashforward, tecnica molto azzeccata nonostante le poche pagine dell’opera.
In poche parole, Greta capisce quasi per caso che il padre di Bea è una delle celebrità del reality show menzionato nella trama. Vista la società divisa per fasce, Greta decide di scalare la propria e di diventare un Beta, grazie proprio al DNA che dimostra la parentela con questa celebrità. Assurdo, vero?
Be’, non tanto. Non è poi molto diverso da quello che succede ai giorni nostri. E questo ai lettori piace.
C’è poi l’aspetto del reality, il Nuovo Grande Fratello sugli schermi del popolo, con l’aggiunta del Museo: la gente può pagare per andare a vedere le case del reality show e la gente lo fa. Ci ho intravvisto una critica alla società di oggi, ma non mi sbilancio troppo, dico solo che Matt Briar mi ha dato quello che volevo su questo aspetto. Se poi vogliamo parlare di messaggio, ce ne sono diversi tra le righe: innanzitutto ho colto la superficialità delle fasce e il “razzismo” che queste classi sociali hanno l’una verso l’altra. C’è inoltre da menzionare anche il fatto che la nostra protagonista fa di tutto per poter scalare tale fascia, con l’ingenua speranza che tutti i propri problemi possano sparire. E, ancora una volta, il grande reality in primo piano che ha il suo perché – purtroppo qui potrei peccare di spoiler esprimendo il mio apprezzamento, ma volevo far sapere all’autore che, appunto, è stato apprezzato.
Nulla da dire sullo stile dello scrittore, pressoché impeccabile a mio avviso.
Un’altra cosa apprezzata è stata la cura dei personaggi. In un corto simile capirete che non ce ne sono molti, eppure, a elencarli, potremmo parlare di un piccolo romanzo. L’autore punta molto sul carattere rispetto all’aspetto e questo è piacevole. Oltre alla protagonista e figlia, abbiamo per esempio la signora Sofia, la meglio definita secondo me tra i personaggi secondari. Definita attraverso scene e non semplici paragrafi descrittivi.
Un’unica pecca ho trovato nel racconto: è scritto bene, un progetto con le idee chiare, un mondo ben definito tanto da lasciare al lettore la curiosità di saperne di più. Una pecca che non è una pecca, insomma. Ma semmai ci fosse un secondo atto di questa idea, sarei tra i primi a leggerlo.
Per quanto mi sforzi, non riesco a tirare fuori la cattiveria di fronte a un’opera simile. Quindi, tirando le somme, be’, che dire? Mi è piaciuto. Ottimo lavoro, Matt Briar!
Alex Coman