Recensione romanzo “La sindrome di Proust” di Lorenzo Sartori

TRAMA

Londra 2067. La digitalizzazione dei ricordi è ormai realtà, e a migliorare i ricordi Alec Raines è un vero talento. È così bravo che un giorno gli vengono affidati quelli del premio Nobel Alice Grossman. Insieme ai ricordi Alec si trova però a maneggiare segreti che sarebbe meglio ignorare, informazioni pericolose destinate a cambiare la sua vita per sempre. Inseguito da una misteriosa agenzia di Intelligence, accusato di omicidio, tradito dalle persone di cui si fidava, dovrà lottare per salvarsi e sventare un complotto internazionale.

RECENSIONE

La sindrome di Proust, edito da Lambda House, un marchio Plesio editore, è a ragion veduta un thriller fantascientifico che lascia al lettore la sensazione di avere ancora qualcosa su cui interrogarsi.

Ambientato in una Londra non troppo lontana ha la struttura narrativa di una spy story americana. Alec è un giovane dowloader, uno dei migliori nel suo mestiere, un mago dei ricordi che si trova coinvolto in un complotto internazionale che oscilla tra Inghilterra e Stati Uniti. Complotti, giochi di potere e scene adrenaliniche travolgono Alec come un autobus in corsa, lo schiacciano sotto il peso di rivelazioni che non vorrebbe avere e di momenti che sfuggono al suo controllo.

La storia va letta, non posso raccontarvi molto, come ogni buon thriller tutti i tasselli vanno al loro posto solo nelle ultime pagine, qualunque informazione potrebbe rovinarvi il piacere della lettura.

E allora di cosa vi parlo? Semplice, di tutto lo scenario che Lorenzo Sartori crea attorno alla sua storia. Come spesso accade il futuro non è mai quello che ci immaginiamo, non ci sono mega-robot e nemmeno astronavi che fanno il servizio pendolare dalla Terra alla Luna. Il mondo è sostanzialmente identico al nostro e al contempo più inquietante.

La tecnologia si è evoluta, gli strumenti di oggi li ritroviamo anche in futuro ma sotto altre forme. I cellulari sono diventati parte integrante del corpo e la videosorveglianza scruta la popolazione come il Grande Fratello. Nessuno è realmente libero, tutti sono controllati come nel peggiore scenario totalitario. Scanner e sistemi ottici sono diventati preponderanti, nemmeno i ricordi possono sfuggire al controllo umano.

L’autore ha mostrato finezza trasformando il fenomeno chiamato “La Sindrome di Proust” in un concetto fantascientifico plausibile, non c’è molta realtà in quello che descrive (com’è ovvio che sia trattandosi di sci-fi) ma lo ha fatto con l’abilità di renderlo credibile. La Sindrome di Proust, è una capacità cerebrale che ci consente di rivivere con intensità alcuni ricordi ricollegandoli a stimoli sensoriali.

Partendo da questo presupposto si sviluppa il concetto di gestione dei ricordi, vi riporto un passo chiave del romanzo per darvi un’idea di come si sia arrivati a fare il download e l’upload dei ricordi. Giusto una manciata di parole:

Di fatto si sapeva che il pensieri e i ricordi sono il risultato di un mutamento del nostro DNA. Se annusiamo o tocchiamo un oggetto il nostro cervello memorizza le informazioni ricevute e lo fa modificando un certo numero di neuroni in modo da fornirci una memoria di quell’oggetto. E i neuroni contengono DNA. E’ su questo che si basa poi la digitalizzazione dei ricordi.”

In conclusione, come Leggere Distopico, mi sento di dire che l’elemento distopico della storia mi è piaciuto. Il dilemma etico sull’inviolabilità della memoria apre un’interessante serie di ragionamenti.

Al di fuori di questo credo che La Sindrome di Proust possa piacere a tutti gli amanti delle spy stories e dei thriller adrenalinici.

Un buon testo.

A presto

Delos

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