Buongiorno cari lettori!
Dopo le ferie estive sono pronta a presentarvi un nuovo libro. Il romanzo di cui parleremo oggi si intitola “Il viaggio della fenice”, scritto dalla bravissima Sabrina Prioli. Non è la classica lettura, ma un memoir. Nulla di ciò che vi è scritto è frutto della fantasia della scrittrice, al contrario, racconta il vissuto della stessa. Un libro sconvolgente e straziante che permane nel cuore del lettore proprio perché descrive fatti realmente accaduti. Conclusa questa breve premessa vi lascio la TRAMA:
In questo libro d’esordio, Sabrina Prioli ripercorre le tappe di oltre dieci anni di vita, dall’incubo del terremoto de L’Aquila al viaggio in Sud America dove coordinerà progetti di sviluppo umanitario, fino a giungere nel Sudan del Sud sconvolto dalla guerra civile. Qui sarà vittima di una brutale aggressione all’interno del compound in cui alloggia. Nonostante le profonde cicatrici interiori, Sabrina trova la forza e il coraggio di farsi carico della voce di milioni di vittime di abusi, avviando un lungo percorso di ricerca della giustizia, tuttora in corso. Con uno stile spontaneo e senza travestimenti, “Il viaggio della fenice” esplora la capacità di far fronte in maniera positiva alle avversità, coltivando le risorse che si trovano dentro di sé e rinascendo, ogni volta, come la fenice dalle ceneri.
RECENSIONE
“Il viaggio della fenice” si tratta di un memoir scritto da Sabrina Prioli, una professionista italiana che si occupa del monitoraggio di progetti di cooperazione internazionale. In questo breve, ma intenso, romanzo la scrittrice in un exscursus temporale ci narra gran parte della sua vita trascorsa nell’aiutare donne vittime di violenze di minoranze etniche. Sabrina si sofferma in particolar modo sul suo percorso di crescita sia come professionista sia come donna. Si scopre così un vissuto costellato di soddisfazioni, ma anche di violenza che hanno accompagnato la scrittrice. L’evento più sconcertante narrato è senza dubbio quello relativo al viaggio compiuto dalla scrittrice in Sudan nel 2016. Qui Sabrina si reca insieme ad altri uomini e donne del resto del mondo come cooperante. Nel Paese imperversa una guerra civile, nella capitale ci sono posti di blocco, si sentono gli scontri avvicinarsi. Da una parte le forze governative, dall’altra i ribelli, in mezzo le Nazioni Unite, le organizzazioni umanitarie e, naturalmente, migliaia di civili che subiscono una guerra che nessuno vorrebbe. Sabrina soggiorna in un compound, che viene attaccato dai soldati. Molte delle sue colleghe vengono violentate insieme a lei e un giornalista viene ucciso, ma Sabrina decide di non stare in silenzio: denuncia l’ accaduto e nonostante l’ ostruzionismo iniziale riesce a ottenere giustizia. Il romanzo racconta questo percorso.
Il libro mi è piaciuto molto, non conoscevo assolutamente questa vicenda. Ringrazio Sabrina per aver avuto il coraggio di raccontare la sua storia e di avermi inviato il suo libro. Sicuramente il romanzo è tutt’altro che qualcosa di piacevole da leggere, ma coinvolge proprio perché è vero. Narrato in prima persona, lo stile di Sabrina ha una fluidità tale che travolge il lettore. Lo prende per mano e lo accompagna negli avvenimenti più importanti della sua vita, lo scuote e gli grida il suo dolore e la sua sofferenza.
Qui dentro ci sono scorie radioattive di tutto ciò che non sono più. Ci sono occhi che ho dovuto chiudere, le ginocchia e la volontà che ho dovuto piegare. Finché non ho ricominciato da capo. Non l’ho chiesto, non l’ho scelto: l’ho solo fatto.
Questo libro è un viaggio che stupisce e sconvolge, inevitabile è il coinvolgimento emotivo. Non vuole essere unicamente una narrazione dei fatti, ma soprattutto un’analisi profonda del percorso personale vissuto da Sabrina, che è bravissima nel mettere nero su bianco le sue emozioni, le sue paure e perplessità. Questo è sicuramente l’aspetto che ho più apprezzato. Una lettura che lascia un segno profondo e che dovrebbe essere maggiormente diffusa. Consigliato!
Valentina Meana