TRAMA:
Nel cuore della foresta boliviana il professor Jonas Lear fa una scoperta destinata a cambiare per sempre il destino dell’umanità: un virus, trasmesso dai pipistrelli che, modificato, è in grado di rendere più forti gli esseri umani, preservandoli da malattie e invecchiamento. In una remota base militare in Colorado, il governo degli Stati Uniti inizia quindi degli esperimenti genetici top secret per studiare i prodigiosi effetti di questa scoperta. È il Progetto Noah, che utilizza come cavie umane dodici condannati a morte e una bambina. L’esperimento però non procede secondo le previsioni e accade ciò che non era neanche lontanamente immaginabile: i detenuti sottoposti alla sperimentazione – i virali – trasformatisi in creature mostruose e assetate di sangue, fuggono dalla base, seminando morte e distruzione. Da quel momento gli eventi precipitano e nessuno è più in grado di controllarli, nessun luogo è più sicuro e tutto ciò che rimane agli increduli sopravvissuti è la prospettiva di una lotta interminabile e di un futuro governato dalla paura del contagio, della morte e di un destino ancora peggiore. L’unica speranza è rappresentata da Amy, piccola superstite dell’esperimento che ha scatenato l’apocalisse: su di lei il virus ha avuto effetti particolari, trasformandola in una pedina fondamentale nella lotta contro i virali. Sarà l’agente dell’FBI Brad Wolgast a salvarla da una fine terribile e a iniziare con lei un’incredibile odissea per liberare il mondo dall’incubo in cui è precipitato.
RECENSIONE:
Ho scovato questo libro in un piccolo book sharing vicino a casa mia, è rimasto sullo scaffale per mesi e finalmente ho trovato il tempo di leggerlo.
“Il passaggio”, edito in Italia da Mondadori, è il primo volume di una serie e non è un libretto leggero da leggere sulla metropolitana. Quasi 900 pagine di storia sono difficili da mettere nella borsa.
Nonostante la base di partenza non sia delle più originali (virus che arriva dai pipistrelli, tutti vampiri, super esseri umani e solo una bimba come unica speranza per l’umanità grazie al suo sangue) nel complesso la storia ha una sua fisionomia ben delineata.
La trama si sviluppa appoggiandosi su una forte base catastrofica-horror, che resta ben presente in tutto il testo e che crea il vero punto di forza del romanzo. La narrazione è scorrevole e, per il mio gusto, troppo prolissa. L’autore di perde a scavare in ogni pertugio, analizza ogni sospiro e ogni granello di polvere. Spoglia Amy, la giovane protagonista, fino a far emergere ogni più piccolo dettaglio.
Un bambino non era un’idea, un’astrazione, come poteva essere a volte l’amore. Un bambino era una realtà. Un essere umano con un cervello, un carattere, che esisteva indipendentemente dai tuoi sentimenti. E, siccome esisteva, ti imponeva di credere in un futuro, il futuro nel quale sarebbe vissuto, prima gattoni e poi camminando. Un bambino era una fetta di tempo, una promessa che facevi al mondo e che il mondo faceva a te. Un bambino era il patto più antico: occorre tirare avanti, continuare a vivere.
Il primo terzo del libro è un lento interludio, una complessa costruzione che porta il lettore a immedesimarsi nell’universo narrativo, a farsi trascinare verso il caos che lo investirà con l’arrivo di nuovi personaggi e una sequenza di eventi inarrestabile, e spesso altalenanti.
Il ritmo ha brusche accelerazioni e lunghi momenti riflessivi, decine di pagine che scorrono lente fino alla comparsa di un nuovo pericolo che rimette in moto la macchina dell’ansia.
Quando tutti i tempi finirono e il mondo perse la memoria, quando l’uomo che era stato scomparve alla vista come una nave che preso il largo per circumnavigare la terra, con la vita vissuta fino allora nascosta nella stiva, quando le stelle stavano a guardare il nulla e la luna descriveva il proprio arco dimentica anche del suo nome, restava solo un grande mare di fame su cui navigare. Eppure, dentro di lui, nel profondo del suo cuore, fu solo un anno. La montagna, le stagioni e Amy. Amy e l’Anno di Zero.
Il testo nel suo complesso è buono, personalmente avrei preferito 200/300 pagine in meno di digressioni e dettagli ma non per questo posso dire che sia noioso. La cosa che mi convinto meno è il senso di déjà-vu che ho provato leggendolo. La storia ricalca in parte “Io sono leggenda”, “L’ombra dello scorpione” e altri testi ben noti, dona al lettore la tranquillità di sapere già cosa aspettarsi.
Certo, Cronin non ha lesinato cercando di inserire delle variazioni sul tema, ma non tutte gli sono venute benissimo. Una, quella che mi ha fatto più sorridere, è la fosforescenza dei vampiri. A parte l’effetto Twilight, (via da me!!!) è l’incongruenza di come possano delle creature fotosensibili a essere fosforescenti.
Per oggi mi fermo qui, aspetto di sapere se lo avete letto.
A presto.
Delos