TRAMA:
Tokyo, 2014. Goku Furinji è un ex-detective della polizia. Quando diversi agenti della squadra speciale investigativa si suicidano, Goku decide di investigare sul caso a cui stavano lavorando: Genji Hyakuryu, un mercante d’armi internazionale. Durante le indagini Goku viene ferito ad un occhio. Quando crede di stare per morire anche lui, viene salvato da un uomo misterioso che gli impianta un occhio cibernetico al posto di quello perduto. In quest’occhio c’è un supercomputer che gli da la capacità di controllare qualsiasi sistema informatizzato del mondo. Oltre a questo è dotato di sensori molto sofisticati ed è in grado di controllare un bastone cibernetico. Con questo nuovo potere Goku decide di dare la caccia a Hyakuryu per vendicare i suoi ex-colleghi.
RECENSIONE:
Ma come? Una Non recensione per un doppio OAV che ha addirittura una trama più lunga di mezza riga?
Ebbene sì… Ho commesso l’errore di rivedere quest’opera in tempi recenti e mi è caduto un mito. Insomma, un detective che va in giro in giacca e cravatta di pelle (eleganza sempre) senza indossare la camicia è qualcosa che non si può dimenticare. E’ l’incipit di un tamarro di alta classe, una di quelle cose che avrebbero dovuto far scuola negli anni 80 e inspiegabilmente non hanno avuto il successo sperato.
So che, una volta distolto lo sguardo dall’outfit del protagonista, vi siete chiesti come mai la donna sulla locandina ha un girocollo con manubrio. La spiegazione è semplicissima, lei è una donna motocicletta.
Certo, avete letto bene! Oltre che alta moda, “Gokū: Midnight Eye” è anche “go green”. Perché inquinare guidando una moto quando puoi ottenere lo stesso risultato senza l’utilizzo di combustibili fossili? Per non parlare del grave problema del riscaldamento globale, che costringe quasi tutte le donne e buona parte dei protagonisti a girare per Tokyo indossando solo due gocce di profumo.
Sullo sfondo di questo futuro osserviamo Goku Furinji indagare sulla morte dei suoi colleghi, alternando brevi scambi di battute a scene action che farebbero impallidire Hollywood.
Ovviamente sto giocando con qualcosa che trent’anni fa, sia come manga che come OAV, avevo apprezzato proprio per la connotazione punk trash. Ai tempi non mi interrogavo sul problema della perdita di qualità dei tessuti, che sembrano spezzarsi a ogni movimento, e nemmeno su come una donna possa avere una coda da pavone che le spunta dal perizoma. Mi perdevo nella storia, molto lineare, di un eroe stilosissimo che combatteva il male menando come un fabbro.
“Gokū: Midnight Eye” non è sicuramente una delle migliori opere di Yoshiaki Kawajiri e nemmeno del mangaka Buichi Terasawa, di cui ho anche la mini serie Takeru. Ammirevole l’ambientazione cyberpunk e il concetto di potere donato dalla possibilità di potersi interfacciare a ogni strumento tecnologico del pianeta, ottimo il taglio cinematografico e il forte impatto visivo di alcune scene.
Il resto fa sorridere.
Se avete voglia di un tuffo nel passato, per scoprire una delle tante strade narrative che sono state esplorate, recuperatelo e ditemi se mi sono dimenticato di citare qualche altro dettaglio importante.
A presto.
Delos