Recensione “Future Home of the Living God” di L. Erdrich.

TRAMA:

La protagonista Cedar è una ventenne americana che, rimasta incinta, decide di mettersi in contatto con i suoi genitori biologici, nativi americani Ojibwe, che vivono in una riserva nello Stato del Minnesota. Li va a trovare e sviluppa con loro un rapporto di fiducia e complicità mentre attorno a lei gli Stati Uniti e il mondo si trovano in una crisi profonda in cui l’evoluzione umana pare aver invertito l’ordine di marcia e la sopravvivenza del genere umano è in pericolo a causa di esperimenti sulla fertilità e per una sorta di allergia che le madri sviluppano nei confronti dei feti che portano in grembo.

Con il deteriorarsi della situazione la ragazza si trova isolata nella propria casa mentre dall’esterno vengono notizie sempre più allarmanti sul nuovo ordine mondiale e voci si diffondono sulla caccia alle donne incinte che si è scatenata per motivi di conservazione della specie umana.

Attorno a lei, alla sua famiglia adottiva e al suo fidanzato si sviluppa una rete di protezione che però nulla può contro delatori e le forze religiose-statali organizzate che si coalizzano per ‘aiutare le donne a portare a termine le gravidanze’.
Cedar viene rapita e portata in un ospedale dove intendono tenerla segregata fino alla nascita del figlio. Il romanzo, in prima persona, è una lunga narrazione pseudo diaristico-epistolare della madre per il figlio. La madre adottiva di Cedar si introduce nell’ospedale travestita da infermiera e ne facilita la fuga. Le pagine della cattività, dell’amicizia con un’altra donna incinta e la fuga sono decisamente le migliori del romanzo.

Il periodo di ‘libertà’, parte del quale trascorso con madre adottiva e madre naturale nella riserva indiana, termina dopo poco con la ricattura, questa volta svolta per opera di veri e propri cacciatori di donne incinte, e termina in un altro centro, ora ben più simile a una prigione o campo di concentramento in cui le donne incinte vengono tenute all’oscuro di tutto ciò che riguarda i nascituri e da cui con ogni probabilità, lascia intendere la narratrice, non si esce vivi.

RECENSIONE:

La narrazione non è particolarmente rapida né vivace. L’idea centrale del romanzo, l’estremizzazione della politica che regola concepimento e gravidanza è un tema molto sentito oggi negli Stati Uniti e quando se ne parla in un’opera di narrativa ci si inserisce, volenti o nolenti, nel solco del successo delle opere di Margaret Atwood e delle trasposizioni televisive delle sue opere.

E così che il mondo finisce, penso, tutto è impazzito e la gente va avanti come se nulla fosse.

Le tematiche dei Nativi Americani, più accennate che affrontate nel libro, sembrano una variazione sul tema, messa ad arte per far inserire il libro a pieno titolo nei curricula di Women Studies, Cultural Studies, Native American Studies e via discorrendo. Che l’autrice sia a sua volta in parte nativa americana non aggiunge nulla alla narrazione che resta tuttavia gradevole, anche se a tratti la protagonista risulta sgradevole ed egocentrica fino a sfiorare la comicità involontaria.

Ho paura che stiamo andando in un futuro privo di scrittura, è per questo che sto scrivendo questa lunga e complicata lettera che spero un giorno tu potrai leggere.

Alla luce delle leggi sula riproduzione, sull’aborto e perfino sulla delazione di recente passati nello stato del Texas questo libro ‘distopico’ sembra più una storia di oggi, non più di un possibile domani, quanto piuttosto di un adesso localizzato e per questo merita di essere letto. 

Qualcosa sta scoppiando nella vita di prima. Tutto è cambiato mentre ero distratta, cambiato senza una parola di preavviso.

Questo romanzo, come diversi altri dell’autrice, è reperibile in lingua italiana con il titolo: “La casa futura del Dio vivente”, pubblicato nel 2018 da Feltrinelli nella traduzione di Vincenzo Mantovani (questa recensione si basa sull’edizione originale del libro e le citazioni sono state tradotte da me per ragioni che nulla hanno a che vedere con il valore e la legittimità della traduzione italiana)  

Roberto Risso

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