TRAMA:
La città di Andrej non esiste più. Tutto il suo mondo è stato spazzato via da una catastrofe seguita a una lunga guerra. L’unica possibilità di riavere una vita è offerta da una fantomatica corriera diretta verso nord, alla volta di un cantiere dove si sta realizzando un oscuro progetto universale: La Sublime Costruzione, che promette lavoro e benessere a chiunque voglia farsi assumere. Andrej e l’inseparabile amico Årvo s’imbarcano sull’enorme corriera bianca che li accoglie come una nave-dormitorio, sotto la guida di strane figure di reclutatori, iniziando così un’ipnotica e rischiosa traversata dell’infinita notte nordica. Il viaggio è lungo e la strada difficile, gli inganni e le illusioni si moltiplicano, i reclutati dovranno affrontare cinque tappe simboliche, cinque falsi approdi, ognuno dei quali ha come riferimento una peripezia di Ulisse. Tra ammalianti pescatrici, terre popolate da “sonnivori”, colossi dalla forza sovrumana e temibili maghe, un romanzo dalla potenza odisseica, un’affascinante fantasia sul senso della vita dal sapore buzzatiano.
RECENSIONE:
Quest’anno il poema omerico per eccellenza sembra essere diventato – senza rendermene conto – una costante tra le mie letture.
Dopo essermi cimentata, devo ammettere con un po’ di timore reverenziale, nella lettura dello straordinario “sequel” ipotetico dell’”Odissea” scritto da Nikos Kazakantis e averne trovato una breve riscrittura in “Cronorifugio” di Georgi Gospodinov (trovate la mia recensione sul sito), se Voland ne pubblica una versione a carattere distopico potevo tirarmi indietro? Assolutamente no, anzi ero in visibilio e super incuriosita.
La situazione iniziale è la seguente: una città devastata dalla guerra, i pochi sopravvissuti sono scoraggiati e oramai privi di prospettive per il futuro e tra di essi spicca Andrej Nikto; sfiduciato si aggira senza meta tra le macerie, arrangiandosi come meglio può per tirare avanti, ma quando si diffonde la notizia che sta giungendo una corriera che assicura ai passeggeri, una volta giunti a destinazione, un’occupazione sicura nella realizzazione della Sublime Costruzione e un pasto caldo, un barlume di speranza finalmente si riaccende in lui. Coinvolge l’amico di sempre, Årvo, e di comune accordo decidono di non farsi sfuggire quest’opportunità irripetibile.
Ma non è tutto oro quel che luccica e se i passeggeri sembrano costituire un gruppo abbastanza eterogeneo, a destare sospetto sono i reclutatori dall’atteggiamento facilmente equivocabile … Ma una volta iniziata la corsa non resta altro che proseguire verso l’ignoto e la traversata sarà costellata da molte sorprese.
Gianluca di Dio con “La sublime costruzione” compone un’opera narrativa ambiziosa che ha tutte le carte in regola per essere definita come una riformulazione in chiave moderna e fantascientifica dell’Odissea omerica.
Una prosa che si contraddistingue per uno stile unitamente lirico e incendiario. Strizza l’occhio alla dimensione onirica con incursioni vivide nel romanzo d’avventura, per le peregrinazioni e gli incontri tutt’altro che tranquilli, e, soprattutto nelle prime pagine, nel distopico.
Un’epopea nella quale sfila un carosello di personaggi che vive ai margini dell’abisso personale, piccoli eventi e cosmogonie si fondono in un contesto sfuggente poiché intriso di superstizioni ma talvolta crudele.
Se in alcune scene si allude in maniera esplicita all’Odissea, ci sono delle sostanziali differenze tra i rispettivi protagonisti. Infatti, al contrario di Ulisse – uomo dal multiforme ingegno ed eroe senza macchia e senza paura – di Andrej percepiamo la vulnerabilità e un’inquietudine che lo attanaglia, non eccelle per arguzia, anzi, sono sparpagliati lungo tutta la durata della lettura diversi riferimenti alle debolezze e ai vizi dell’uomo, fa capolino una dicotomia tra l’abbandonarsi alle tentazioni e una coscienziosa razionalità come un pendolo che oscilla sempre tra i due eccessi.
Andrej non è assetato di conoscenza come Ulisse; ciò che lo spinge a intraprendere il viaggio alla volta della Sublime Costruzione è il lasciarsi alle spalle una vita vuota, avere l’ardire di “trovare di meglio” e tendersi all’apertura addirittura è riluttante all’idea di tornare a casa. Andrej affronta il suo destino, spesso avverso, sottraendosi alla rassegnazione e confidando nell’amicizia, non come l’eroe di Omero che spesso si fa guidare dall’egoismo e dalla ὕβϱις (hýbris = tracotanza) sacrificando i suoi compagni di viaggio pur di soddisfare la sua cupidigia.
Ho scorto analogie con un altro grande romanzo “La freccia gialla” di Viktor Olegovič Pelevin ma se quest’ultimo ha dato vita a una allegoria del socialismo sovietico, Di Dio scrive quella che sembra avere tutta l’aria di una parabola sull’uomo; l’iniziale atmosfera di rinnovamento e speranza – attraverso una transizione morale e fisica – lascia il posto a una rappresentazione icastica sì di rinascita ma anche, per certi versi, di salvazione. Quelle mille peripezie possono essere interpretate come metafora della vita e, a questo proposito vi consiglio caldamente di leggere “Itaca”, magnifico componimento del poeta greco Kostantinos Kavafis.
“La Sublime Costruzione” è una storia bruciante e onesta, Gianluca Di Dio lascia al lettore l’onere di far collimare i pezzi di un puzzle destinato a rimanere incompleto, troppe le incertezze e i dettagli che restano nell’ombra conferendo un’accezione di incompletezza, l’opera sembra mancante di solidità e l’epilogo ha acuito questa mia sensazione.
Lo consiglio a chiunque abbia voglia di confrontarsi con qualcosa di attinente al surrealismo ma comunque credibile.
Elisa R