Il destino delle Serie Tv è spesso appeso al filo del grande pubblico. Le piattaforme infatti sono solite decidere i destini in base non solo al successo di pubblico delle stesse, ma anche in rapporto ai costi di produzione e relativo margine rispetto agli incassi pubblicitari.
Quando ci chiediamo quindi come mai alcune Serie Tv sono state cancellate dopo una o due stagioni, pur avendo anche un discreto seguito di pubblico (magari anche più di altre che invece vanno avanti indisturbate nonostante siano palesemente di caratura peggiore), la risposta quasi sempre riguarda anche i costi di quella serie.
L’unica cosa che conta al momento infatti, è semplicemente il rapporto sugli incassi. Se i profitti derivanti da abbonati e pubblicità superano quelli dei costi, allora la serie generalmente va avanti. Poi ovviamente ci sono anche altre problematiche particolari (come vedremo per alcune), ma in linea di principio il motivo determinante per la cessazione di una serie va ricercato nei mancati introiti (o comunque nelle troppe difficoltà di gestione e nei troppi capitali da investire senza margine di sicurezza per gli incassi futuri).
Gli esempio sono innumerevoli, anche per quanto riguarda le Serie Tv di Fantascienza. E sono tendenzialmente in forte aumento, visto che il numero di produzioni è sempre più alto, i canali di distribuzione sempre più sfaccettati e la voglia di rischiare da parte degli investitori sempre più bassa. Vediamo almeno dieci esempi allora, di serie che ci hanno lasciato con l’amaro gusto in bocca del non sapere mai come andranno a finire (nonostante una fattura sempre molto buona).
FLASH FORWARD (2009)
Era l’ottobre del 2009 quando venne trasmessa in Italia la prima puntata di “Flash Forward” e per molti fu subito amore a prima vista. Una serie sontuosa, con un budget di produzione mostruoso che lasciava presagire qualcosa di semplicemente unico e straordinario. Per di più con un incipit molto misterioso e coinvolgente: “Tutte le persone del mondo perdono i sensi in un determinato momento e restano svenute per 2 minuti e 17 secondi in cui ognuno vive invece quello stesso periodo di tempo ma nel proprio futuro, sei mesi circa più tardi”.
Cosa aveva causato quel “flash forward”? Come si sarebbero comportate le persone ora che sapevano il loro futuro (compreso chi non ha visto nulla perchè sarebbe morto prima)? Erano tante le domande a cui rispondere, specialmente quando si venne a conoscenza di almeno un paio di persone che non avevano perso i sensi, lasciando aperta la pista di un qualche misterioso complotto.
Fino alla quarta puntata è una continua escalation di emozioni, che poi però scemano al momento in cui si viene a sapere che la serie, nonostante ascolti anche piuttosto buoni e una critica positiva, non sarebbe stata rinnovata per una seconda stagione. Il motivo è presto detto: i costi troppo alti.
Per avere almeno un qualche margine, i numeri sarebbero dovuti essere decisamente più alti, e si decise di non rischiare un’investimento enorme per portare avanti una seconda stagione all’altezza (anzi, l’impressione è che già la prima fu conclusa in grande risparmio). Peccato perchè non solo non sappiamo bene la conclusione della storia, ma ci siamo probabilmente persi una grande occasione.
INVASION (2005)
Ancora più particolare il destino di “INVASION”, serie statunitense andata in onda nel luglio del 2006 in Italia, ma a settembre negli USA.
Le tempistiche sono più che mai importanti in questo caso, perchè con ogni probabilità hanno determinato la chiusura dopo appena una stagione di questa serie davvero molto ben fatta su una possibile invasione aliena (che in qualche modo ricordava l’invasione degli ultracorpi per le sue dinamiche).
La Serie in Europa ebbe un’accoglienza incredibile, con picchi di pubblico ai livelli delle migliori produzioni del periodo, tra cui niente meno che LOST uscito sempre in quel periodo. In Italia la prima puntata fu vista da quasi cinque milioni di spettatori.
Purtroppo però, proprio un mese prima dell’uscita negli States, l’uragano Katrina sconvolse per sempre New Orleans e i territori limitrofi, in una catastrofe che entrò pesantemente nell’animo degli americani. Significativo infatti che proprio nella Serie Invasion, un uragano molto simile (anche se di ben altra natura) si abbatteva sui protagonisti, creando un’associazione non proprio gradita al pubblico e meno ancora agli investitori.
Che infatti decisero di sospenderla, pur con una petizione firmata da tantissimi fan dispiaciuti di non vedere portata avanti la storia (rimasta proprio sospesa dopo la fine della prima stagione).
THE FIRST (2018)
Come detto sono molto le componenti che devono incastrarsi per decretare il successo (o l’insuccesso) di una Serie televisiva. Il caso di “The First” però, è probabilmente molto particolare. Partiamo dal presupposto che la serie ha tutto per essere un successo: un attore protagonista di grandissimo spessore come Sean Penn, una storia che fa grande presa sul pubblico come il viaggio su Marte, uno sceneggiatore reduce da un “house of cards” che ha lasciato tutti di stucco nelle prime stagioni, oltre a un budget di tutto rispetto che sfiora i 55 milioni di dollari.
Che diamine è successo allora? Come mai è stata chiusa dopo la prima stagione?
Premesso che la prima puntata di The First è forse una delle cose più belle viste nel mondo della serialità di questo ultimo decennio, il motivo principale per cui è stata cancellata credo sia di fondo un “misunderstanding”. Una grossa incomprensione. Tra l’ufficio marketing e comunicativo della serie, e il grande pubblico.
La serie infatti è stata sempre presentata come una grande “space opera” del viaggio dell’uomo verso Marte. Tutti i teaser e i trailer puntavano su quello, sull’epopea spaziale, sulle astronavi, su Marte. Peccato però che tutto questo sia quasi marginale nel racconto. Siamo di fronte a un vero e proprio “Drama” familiare, dove il viaggio su Marte è solo strumento e scusa per raccontare le profondità dell’animo umano e degli affetti più cari. Delle difficoltà di chi intraprende questo genere di avventure oltre ogni limite.
E questo evidentemente agli appassionati di fantascienza che hanno seguito questa serie (ovvero gli unici che le pubblicità avevano richiamato), non è piaciuto. Non tanto perchè la serie non fosse bella, quanto perchè non era quello che si aspettavano (e se lo aspettavano perchè gli era stato detto così). Molto probabilmente hanno completamente sbagliato il target, là dove proprio il (folto) pubblico dei non sci-fi related l’avrebbero apprezzato anche di più. Peccato che, viceversa, lo avevano evitato come la peste, visto che pensavano fosse una qualche space opera tutta astronavi e action.
Morale? Non vedremo mai la fine nemmeno di questa storia, chiusa proprio sul più bello, mentre c’erano tante cose da dire. Specie in questa maniera fantastica.
FIREFLY (2002)
A inizio millennio una sorte simile era toccata anche a “FireFly”, serie che univa la space opera all’epopea “western”, con i confini dello spazio visti un po’ come la frontiera dei coloni americani. Bella la storia, belli i personaggi. Eppure anche qua non c’è stato verso e la serie è stata cancellata dopo appena quattordici episodi (quindici se consideriamo il primo diviso in due nella trasmissione) .
I motivi? Beh, facile parlare anche in questo caso di un problema economico. La produzione era estremamente dispendiosa e il pubblico non ha fornito numeri all’altezza di quelle che sarebbero dovute essere le aspettative per permettere un eventuale proseguimento. Per di più alcune scelte di messa in onda non aiutarono a rendere al meglio (fu cambiato l’ordine di trasmissione degli episodi, alterando la coerenza dei personaggi e della storia).
La cosa interessante è che paradossalmente, nonostante siano ormai passati quasi vent’anni, la serie è ancora ritenuta una delle migliori del nuovo millennio e sono sempre di più i fan che cercano in tutti i modi di ridare vita a questa idea.
UTOPIA (2013 e 2020)
Con Utopia il destino (e i produttori) si sono davvero accaniti contro i suoi fan. Per ben due volte infatti, il titolo è stato presentato e stoppato proprio sul più bello. Era successo nel 2013 con la serie originale britannica, mai doppiata dalle nostre parti, che nonostante un successo diffuso di pubblico che l’aveva incoronata come una delle più belle serie originali mai viste, venne sospesa alla seconda stagione quando ancora tanto si poteva dire e fare.
Anche in quel caso, ha continuato a viaggiare nell’underground degli appassionati, diventando un vero e proprio fenomeno di culto. A tal punto che qualcuno si è messo in testa di riprendere il mano il brand, finito sotto la produzione di Amazon Prime Video in un nuovo remake.
Dopo una prima stagione che ha ricevuto critiche contrastanti, nemmeno questa volta però si è riusciti ad andare avanti ed è stata cancellata (per parere personale, l’originale era ovviamente meglio, ma alcune scelte del remake erano davvero azzeccate e rimane qualcosa di decisamente fuori dal comune rispetto alle solite proposte mainstream).
THE EVENT (2010)
Uscita per la prima volta in Italia nel settembre del 2010 (in concomitanza con la trasmissione americana), The Event fu accompagnata da un grande dispendio di energie in campo pubblicitario. Ciò nonostante, nemmeno in questo caso gli ascolti furono sufficienti per portare avanti la produzione (malgrado si parli comunque di oltre 7 milioni di spettatori medi per le 22 puntate della prima e unica stagione).
Il grande problema è che proprio per la struttura stessa della serie, il finale di stagione non solo non spiega nulla di quanto successo, ma lascia gli spettatori con l’amaro in bocca per le tante domande senza risposta. Questo esempio è probabilmente uno dei primi momenti in cui molti fan si sono chiesti quanto valesse la pena guardare delle serie (anche di così pregevole fattura) senza la certezza di un seguito, onde evitare non solo di perdere tempo inutilmente, ma anche di restarci malissimo.
BRAVE NEW WORLD (2020)
Già l’inizio di questa produzione è stato molto travagliato, con il progetto nato nel 2015 ma poi portato a termine soltanto cinque anni dopo dopo diversi cambiamenti.
Stiamo in effetti parlando della trasposizione di una delle opere più conosciute in ambito fantascienza, una distopia/utopia delle più classiche che tutti gli appassionati di genere hanno letto almeno una volta.
Il cast scelto poi lasciava presagire a qualcosa di grande, visto che apparivano non solo una Demi Moore in grande spolvero, ma anche volti noti proprio in ambito fantascientifico come Alden Ehrenreich (Solo: A Star War Story) o Jessica Brown Findlay (Mistfits e Black Mirror).
Insomma cosa mai poteva andare storto? Niente, a parte forse una pandemia e la trasmissione su canali non proprio seguitissimi come Peacock o Starz Play.
COUNTERPART
Premesso che questa serie non è nemmeno mai arrivata ancora dalle nostre parti, Counterpart resta comunque un ottimo lavoro con un protagonista assoluto come il premio Oscar J. K. Simmons. Siamo nel campo del multi universo, dei mondi alternativi che si discostano dal nostro solo per qualche “dettaglio”. In questo caso un punto preciso del passato che ha dato origine a due mondi diversi, in comunicazione tra loro e controllati da un’agenzia governativa che lavora da ambo le parti.
Due le stagioni all’attivo, per venti puntate totali. Poi, l’oblio. E i motivi non possono certo essere quelli di un mancato apprezzamento del pubblico, che su Rotten Tomatoes ha dato un 100% di recensioni positive sia alla prima sia alla seconda stagione.
THE OA
Il successo di questa serie è fortemente legato alla bravura e alla volontà di Brit Marling, che non solo ne è interprete principale (bravissima), ma anche ideatrice e produttrice. Una serie peraltro tutt’altro che “facile”, con tematiche molto complesse e una struttura altrettanto particolare.
Non esattamente qualcosa che di solito piace a un pubblico mainstream, specie quello di Netflix che la distribuisce. Eppure nonostante tutto, dopo il debutto del 2016 la serie viene rinnovata anche per una seconda stagione, che uscirà solo dopo tre anni di lunga attesa.
Purtroppo, non ci sarà mai una terza (per quanto il finale resti aperto).
I AM NOT OKAY WITH THIS
Si potrebbe pensare allora che le uniche serie che vanno avanti a prescindere da tutto, siano quelle dedicate a un pubblico più giovane. Non a caso sono molti i titoli che in un modo o nell’altro, pur senza troppi entusiasmi continuano incessantemente la loro produzione (anche se non tutti particolarmente brillanti e all’altezza di altre serie invece chiuse prematuramente).
Ma il destino delle serie è beffardo e segue strade tutte sue. E’ il caso di questo originale “I am not okay with this”, che arriva dopo le fortune di “The end of the f**ing world” con cui ha in comune la regia di Jonathan Entwistle e l’idea del romanzo grafico di Charles Forsman.
Anche in questo caso i protagonisti sono teenagers alle prese con molte delle problematiche di quell’età, fatto salvo che le cose si complicano parecchio quando oltre alla pubertà ci si mette anche qualche potere particolare di cui non si ha la minima idea del possibile uso.
Tra situazioni paradossali e altre decisamente più drammatiche, il finale è forse una delle cose più belle mai viste per questo genere di serie. E fa davvero incavolare il pensiero che si sia deciso di non dare un seguito a quella scena incredibile che ci lascia totalmente spiazzati.
Y – L’ULTIMO UOMO
C’è poi il caso più recente della serie televisiva targata Disney+, che già a metà della sua prima stagione ha saputo di non avere più alcun seguito. La colpa in questo caso però non è relativa agli ascolti del pubblico (che non erano nemmeno male), quanto del protrarsi della pandemia.
Molti contratti infatti, stipulati già dal 2018 a inizio del progetto, erano stati prolungati proprio durante il periodo di lock down per arrivare finalmente a completare la prima stagione per la messa in onda. Senza contare diverse successioni in quanto a showrunner e cast che hanno fin da subito fatto lievitare i costi di gestione umana oltre che produttiva.
Ecco perchè arrivati a nemmeno metà della stagione in corso, quando i dirigenti di FX si sono trovati per discutere di tutti i vari rinnovi di contratti (che scadevano proprio in quel periodo) hanno preferito non dare seguito alla serie e puntare su altri progetti meno dispendiosi e duraturi.