Ci sono alcuni libri che aspetti da lontano, di autori che già conosci e non vedi l’ora di leggere appena usciti. Poi ce ne sono altri, che entrano nella tua vita quasi per caso, dove non sai bene cosa aspettarti e prendi tutto con molta prudenza. E a volte sono proprio quelli che ti sorprendono di più, felice di avere un altro titolo da inserire tra le letture più belle e da ricordare.
Ecco, “I bambini sono calmi” su di me ha avuto più o meno questo effetto. Qualcosa di sorprendente e inatteso, che non a caso ho divorato come raramente mi capita, grazie anche a un Kevin Wilson particolarmente ispirato. Parliamo di un autore non propriamente di genere fantascientifico, ma che in diverse sue opere ha saputo conciliare qualche elemento del fantastico con una narrazione che mirava a raccontare soprattutto di rapporti umani e familiari.
Questo “Nothing to see here” (il titolo originale sarebbe infatti “Niente da vedere qui”, che trovo decisamente più evocativo e migliore) è l’ultimo in ordine di pubblicazione dei suoi libri, ma dato l’entusiasmo spero fortemente che vengano proposti anche i suoi precedenti.
TRAMA:
La log-line di “I bambini sono calmi” è qualcosa di estremamente semplice: una ragazza con diversi problemi familiari e personali viene incaricata da una vecchia amica di scuola molto ricca di badare a due bambini particolari, che prendono fuoco senza alcun controllo.
Da una parte quindi Lillian, una ragazza molto intelligente che però è rimasta incastrata in una vita difficile complice una madre assente e problematica e un’indole non molto avvezza ai compromessi. Dall’altra Madison, la sua migliore amica del college che invece era tutto quello che Lillian non sarebbe mai stata: bellissima oltre ogni misura, ricca, potente, ambiziosa. Eppure nonostante queste differenze erano diventate migliori amiche, unite solo da due cose: l’amore per il basket e avere un animo oscuro. Solo che una sapeva nasconderlo al resto del mondo, l’altra invece, no.
Un episodio poco prima del diploma le allontanerà per molti anni, prima di allacciare di nuovo i rapporti con una corrispondenza epistolare e poi con una richiesta molto particolare di Madison che chiede alla sua vecchia amica di lasciare tutto e trasferirsi da lei per fare da governante ai due figli di suoi marito (avuti da una precedente relazione e che ora con la morte della madre biologica dovranno vivere insieme a loro).
Come scoprirà ben presto però, questi bambini sono molto particolari, visto che quando le loro emozioni prendono il sopravvento, prendono letteralmente fuoco. Un auto-combustione che a loro non provoca alcun danno (se non per i vestiti) ma che rende davvero difficile gestirli. Specialmente ora che il marito di Madison sta per diventare la quarta carica politica dello Stato.
Da qua una storia che si dirama tramite il punto di vista di Lillian in un intreccio sempre più affettivo con i due bambini e che porterà a fare scelte molto importanti per la vita di tutti i protagonisti in gioco.
RECENSIONE:
Meno di un giorno, è quanto ci ho messo per portare a termine la lettura di questo libro. Non che sia particolarmente lungo, anzi, ma questo la dice lunga su quanto mi abbia irrimediabilmente preso il modo di raccontare questa storia di Kevin Wilson.
Intendiamoci subito, chi si aspetta fantascienza nella sua accezione più assoluta, rimarrà deluso. Questo è un “drama” per dirla con un linguaggio da serie televisive. Però è costruito dannatamente bene. L’escamotage del potere incontrollato dei due bambini, è un ottimo modo per mettere in condizione la protagonista di prendersi le sue responsabilità e al contempo fare i conti con la parte più intima del suo lato oscuro.
Perché Lillian è una ribelle che fatica a sottostare a qualsiasi regola, ma la vita non gli ha mai dato molte carte in mano da potersi giocare, per cui il finale era noto: ne usciva sconfitta e a pezzi. Per questo non si sarebbe mai sognata di mettersi in gioco a quel modo. La domanda che si pone conoscendo questi due bambini è qualcosa di simile a “Cavolo, cosa farei io se potessi distruggere tutto ciò che mi circonda?”. C’è quindi una certa empatia proprio con i due bambini, che non solo come lei sembrano non avere nessuno che li ama (o da amare viceversa), ma parimenti sono pronti costantemente a mandare tutto all’aria non riuscendo a gestire nemmeno le proprie emozioni.
Si tratta quindi di un doppio percorso, con da una parte Lillian che impara cosa significa voler bene a qualcuno prendendosi anche responsabilità per entrambi, dall’altra i bambini, che dovranno fare qualcosa che non hanno mai fatto prima: fidarsi di qualcuno.
Wilson è bravissimo così ad alternare momenti di sviluppo della storia ad altri che sembrano quasi “sospesi”, intimi, rallentati. E proprio dentro quei momenti c’è l’introspezione che ci costringe a provare empatia con tutti i personaggi, non solo quelli portanti. Anche Madison sta vivendo una sua personale battaglia interiore, che in una scena viviamo anche in maniera molto fisica, metaforizzando il tutto in un uno contro uno a basket che lascerà i segni (letteralmente). Un libro dove tutto si incastra alla perfezione, dove tutto sempre leggero e semplice ma al contempo anche incredibilmente sentito e profondo
E con un finale dove, proprio quando tutto sembra ormai definito, ecco che arriva un piccolo ma grande colpo di scena, che rivoluzionerà in breve tempo le vite di tutti e renderà impossibile frenare la lettura per noi.
A mio modesto parere una delle letture più interessanti di questa stagione.
Marco Fava