La lingua è uno strumento che si modifica in base alle necessità della comunità che la utilizza, ma è anche uno spazio abitato dalle persone. Osserva lo spazio linguistico in cui ti muovi: a chi è riconosciuto il diritto alla cittadinanza linguistica? Quali soggettività possono autodeterminarsi e quali invece sono marginalizzate, sempre oggetto di racconti altrui?
La lingua crea la realtà e gli immaginari, questo libro riflette sulle strategie comunicative per trasformare lo spazio linguistico affinché tutte le soggettività abbiano gli stessi diritti.
RECENSIONE
Come sempre Eris Edizioni riesce a stupirmi con del materiale di indubbio interesse, almeno per me.
Ho preso questo piccolo saggio al Salone di libro di Torino e sono felice di averlo letto. Inizio premettendo che all’interno non viene dipanata l’annosa questione dell’uso della shawa, asterisco o di altri caratteri per creare un linguaggio inclusivo e dei relativi problemi, su tutti la difficoltà di utilizzarli per un dislessico o l’incapacità (attuale) di alcuni sistemi di video lettura utilizzati da chi ha problemi di vista.
Metto le mani avanti dicendo questo perché il lavoro di Manuela Manera, ricercatrice e giornalista che ha dedicato anni allo studio della lingua, non è volto a dipanare la matassa della discussione. Lo scopo principale è quello di dare maggior consapevolezza della nostra lingua e di come si sia evoluta, e si evolverà, negli anni. Attraverso una spiegazione di facile comprensione per chi, come me, non proviene da un mondo accademico, il testo analizza l’attuale struttura linguistica e le diseguaglianze che la contraddistinguono.
Diversità e significati che non sono generati esclusivamente dalla lingua italiana, derivano dal valore che la nostra società gli attribuisce e dall’utilizzo improprio che le persone, o gli enti giuridici, hanno perpetrato per anni.
La lingua è un sistema di comunicazione codificato che ci permette di esprimerci ma non nasce a tavolino e non è immutabile nel tempo, varia e si adatta alle esigenze di chi la usa. Attraverso una serie mirata di esempi l’autrice porta all’attenzione di chi legge esempi concreti e spunti di riflessione sul nostro modo di esprimerci e sulla spinta al cambiamento (naturale) del linguaggio che tanto indigna alcune persone.
Ho apprezzato molto questo testo e lo trovo estremamente interessante, è un buon punto di partenza per capire meglio cos’è la nostra lingua e perché sta mutando. L’intelligenza con cui è stato redatto, i riferimenti ai testi di approfondimento e la semplicità divulgativa lo rendono accessibile a chiunque.
Personalmente sto cercando di comprendere meglio la strada che prenderemo, linguisticamente parlando. Non credo che i sistemi attuali siano definitivi, cambiare l’ultima lettera di una parola non muta il binarismo dei pronomi o degli articoli (tanto per dire), rappresentano un primo passo verso un nuovo sistema di comunicazione più libero, un sistema in cui ti rivolgi alla persona e non al suo genere/aspetto.
Dov’è la distopia in questa recensione? Non c’è, si chiama realtà. Una realtà in cui viviamo col paraocchi, una realtà in cui dopo anni di silenzio ora tutti urlano per farsi sentire, una realtà in cui per ottenere il diritto di essere riconosciuti bisogna scardinare decenni di consuetudini.
A presto.
Delos