Prendete una distesa di boschi incontaminati che sembra il paradiso terrestre. Tracciate una linea sottile che la divida dal nostro mondo. Popolatela infine con una strana stirpe di cacciatori che si veste con le pelli delle prede e utilizza disinvolta i loro nomi: Alce, Agnello, Cagna, Toro, Ghepardo, Leone, e poi Farfalla, Zebra…
Esseri umani bestiali o bestie umane? Di sicuro gli abitanti del Cerchio pretendono di vivere immersi nella natura; anzi, di essere essi stessi la natura. Ma che succede se, da un giorno all’altro, tutti gli animali del bosco scompaiono? Se i cacciatori si scoprono improvvisamente affamati, impotenti, malati? Se una scheggia impazzita di civiltà cade tra gli alberi della foresta e li porta a scoprire la religione, il linguaggio, la proprietà privata? Spinti tra le braccia di sentimenti più pericolosi dei loro fucili, come l’amore, la compassione e la paura, ecco che i cacciatori si trasformano in prede. Tra preistoria e fine della modernità, Quando eravamo prede sembra riassumere in una sola vicenda l’intera avventura umana e il nostro rapporto con la natura.
RECENSIONE
Ho letto questo libro senza aspettative, più che altro richiamato da paragoni letterari a Orwell e McCarthy. Quando eravamo prede, edito da Minimum Fax, è un testo strano, che si interroga sul rapporto dell’uomo con la natura.
I protagonisti, esseri bestiali e umani, vivono e provano emozioni come tutti. Famiglie, amori, bambini e adolescenti si intrecciano in una narrazione complessa e difficile da digerire. Non ci sono vincoli, Angello è figlio di Toro ma il padre è Alce. Toro, grazie all’amore di Scimmia, scopre Dio e si pone molte domande.
La vita dentro il Cerchio scorre serena, difficile, ma equilibrata. Le regole sono poche e sono chiare. Tutto ha una logica ferina, e un’emotività primitiva e un’accettazione della vita come mezzo per crearne di nuove.
Non esistono fuggitivi troppo veloci, ma solo inseguitori troppo lenti.
Almeno fino al giorno in cui il mondo esterno non lambisce i confini del Cerchio. Violenza, cattiveria, egoismo si mostrano per la prima volta, e con loro nascono nuove creature mostruose. Bestie deformate, innaturali, che vogliono distruggere il Cerchio e tutti i suoi abitanti. Che vogliono cancellare l’equilibrio per lasciare posto la caos.
Il libro di Carlo D’Amicis, mi ha ricordato La Principessa Mononoke più che i testi citati sopra. Attraverso una lunga e complessa metafora affronta la vita, l’impatto devastante dei peccati umani sulla natura. Si interroga, spesso scivolando un po’ nell’obbligare il lettore a pensarla come l’autore, su molte tematiche che ci vedono protagonisti.
Il libro è scritto bene, accurato e preciso. L’autore è molto bravo e riesce a trasmettere pienamente ogni sensazione. Sfortunatamente è un libro complesso e nato per seguire una strada prefissata. Non è semplice immedesimarsi, e ancor meno riuscire a comprendere le sottigliezze di alcune critiche velate.
Buon libro, ma lo consiglio solo a chi ha voglia di provare a uscire dagli schemi. A coloro che vogliono leggere una lunga metafora sulla vita, un parallelismo tra uomo e natura. Se cercate avventura e un intrattenimento leggero, questo libro non fa per voi.
A presto.
Delos