Salve Fantastopici! Oggi ho in servo per voi una recensione per la rubrica “Dietro l’angolo” che, come sapete è dedicata a libri degni di nota ma che esulano dal ramo fantascientifico.
Quello di cui vi parlerò oggi è “Stanotte sono un’altra” di Chelsea Hodson, su traduzione di Sara Verdecchia, che va a inaugurare la nuova collana dedicata alla non fiction della Pidgin Edizioni.
TRAMA
In questa raccolta di saggi lirici, Chelsea Hodson indaga se stessa e si domanda, “Quanto può sopportare un corpo?” Hodson racconta alcune delle esperienze più significative della sua vita, quelle che le hanno insegnato a guardare e a selezionare i ricordi. Si muove seguendo il desiderio e l’amore, sorvegliata dalle eclissi e dal silenzio di Marte. Gioca alla roulette russa con dei coltelli che piovono dal soffitto, si fa prendere a pugni in faccia nella notte gelida di Brooklyn e si ripromette di sedere a piangere con Marina Abramovich? durante la sua performance al MoMA. Gli uomini che ama diventano illusioni distanti che alcune notti la raggiungono nel sonno e le chiedono di entrare in certe stanze oscure. Con la sua prosa poetica, precisa e vivida, Hodson esplora il piacere nelle sue forme più strane e meravigliose, cercando di capire quale sia il confine tra se stessa e il mondo esterno, cosa siano l’identità e il valore che le diamo. Una donna diventa un sogno, diventa un animale, diventa un oggetto. Nessuno sa tenere i segreti meglio di lei.
RECENSIONE
Attraverso il racconto di alcune esperienze della sua vita, storie semplici e allo stesso tempo straordinarie, Hodson ci offre il suo vissuto non per darci di sé un ritratto ideale, al contrario tutto appare spontaneo e senza vincoli moralistici, ma sceglie di raccontarci se stessa ad exemplum – mettendosi a nudo con incredibile schiettezza – e percepiamo subito che, in queste pagine, il confine tra ricordi e indagine sociale è sottilissimo.
Riaffiorano non solo i ricordi ma con essi tornano a galla anche dolore, sentimenti contraddittori, dubbi, senso di non appartenenza, rifiuto, amore, scoperta e segreti. Risulta appassionato e umano pur non seguendo un ordine cronologico né tematico.
La struttura del testo segue un vibrante processo di commistione tra narrazione memoriale, dialogo con sé stessa, flusso di pensieri lunghi e brevi. Potremmo definirla autofiction senza sconti che si snoda in sedici capitoli, alcune più fitti altri ridotti a meri frammenti che non diventano mai pedante erudizione.
Una delicatezza dello stile che, talvolta, sembra cozzare con il ritmo cadenzato che l’autrice ha voluto implementare alla narrazione; il linguaggio adoperato è fresco e spigliato, ma in alcuni momenti esce fuori una liricità da prosa poetica che colpisce dritto al cuore.
Tramite quest’autobiografia – che si veste da saggio – affronteremo un viaggio catartico ed emotivo, l’autrice ci immerge in una dimensione intima e al contempo condivisa. Non avevo mai letto nulla di simile e per me costituisce un unicum.
La collaborazione con un’artista visionaria di fama mondiale quale Marina Abramovich – che, nelle sue performance estreme, ha spinto il suo corpo oltre i limiti al fine di ricercare una metamorfosi emotiva e intima – ha dato i suoi frutti.
Il corpo è il leitmotiv, un corpo in continuo movimento che desidera fortemente ed è desiderato e che la società odierna ha trasformato in un prodotto da commerciare, strumentalizzato il più possibile dai mass media e non solo. Ciò ha certamente contribuito alla creazione di stereotipi e a incrementare l’oggettivazione della persona, questo connubio deleterio va a mortificare la donna nella sua essenza più pura. C’è il desiderio di risolvere quasi fosse un rompicapo le incertezze per il futuro in una Nazione, l’America, che di sicuro non è il luogo ameno che tutti credono sia.
Hodson è una donna camaleontica e questo volumetto rappresenta la summa delle sue esperienze in cui ognuno di noi può rispecchiarsi. Inconsapevole del futuro, ma comunque impegnata a vivere il suo presente, avanza spedita tra percezione di smarrimento e problemi di soldi, infatti, altro tema portante è sicuramente l’aspetto economico.
Le crepe dell’anima di Chelsea diventano le nostre e, in un certo senso, mi hanno ricordato “Il libro delle lacrime” di Heather Christle, soprattutto nel voler rintracciare i momenti clou che hanno punteggiato la sua esistenza.
Lei è posta al centro di un crocevia di vicende personali, storia recente e spunti scientifici; ogni accadimento ha contribuito a plasmare la persona che è oggi. Tuttavia non troverete mai autocommiserazione.
Nelle sue pagine si affastellano emozioni volte a formare un sincero tributo al complicato rapporto con l’identità e al valore che realmente le riconosciamo.
Elisa R