Una rivolta biologica è in atto: decine di migliaia di ragazzini in giro per il paese hanno affrontato un passaggio evolutivo senza nemmeno rendersene conto, e adesso non è più l’adulto il soggetto all’apice della propria forza, ma il bambino, il Nato Nuovo. E alcuni fra i Nati Nuovi hanno rovesciato la situazione a proprio immediato vantaggio, in cerca di un beneficio e di una gratificazione istantanea.
È in questo strano presente che un’assortita banda di mini-eroi, con storie ed età diverse, si ritrova ad affrontare la sfida della sopravvivenza, facendo i conti con le proprie fragilità e con le sfide del mondo mutato che si trova ad abitare: la fame, tantissima paura, e poi il tradimento, la malattia, il lutto. Ma la squadra saprà dimostrarsi all’altezza dell’impresa, a qualunque costo.
RECENSIONE
Amici di LDFO il romanzo di cui vi parlo oggi edito da Effequ è made in Italy al 100%, autrice italiana – Domitilla Pirro – e ambientazione nostrana anche se si tratta di una città immaginifica, Limine, situata nel Lazio. Lì, cito testualmente, il tre ottobre di un certo anno le leggi della natura si sono capovolte.
I bambini non sono più la fascia debole, ma una forza sovrumana li avvolge e sono travolti da una rabbia incontenibile che deve comunque trovare una valvola di sfogo a discapito degli inconsapevoli adulti che diverranno giocoforza delle vittime… Questo fenomeno avviene da un momento all’altro scatenando il caos in scala mondiale però l’autrice sceglie di focalizzarsi sulle disavventure dei “Diti”: un gruppo di ragazzini – anime sperdute che il destino ha fatto sì che s’incontrassero – che si contano appunto sulle dita di una mano, e di cui Vera rappresenta il palmo, che avendo perso le loro famiglie ne hanno creata una, in maniera spontanea come solo la freschezza della loro giovane età può fare, nel tentativo di recuperare una parvenza di quotidianità.
L’intero romanzo è impostato su una intelaiatura stilistica che procede per capitoli brevi in chiave episodica e POV alternati mantenendo un narratore onnisciente al fine di renderne più immediata la lettura.
Il libro, ciò è lampante fin da subito, si rivolge prevalentemente a un target abbastanza giovane ma non per questo infantile, infatti, anche un lettore più adulto può comunque godersi questa lettura.
È una storia che ha comunque una sua profondità che va oltre la scorrevolezza del testo e il grottesco evolversi degli avvenimenti, non dimentichiamoci che gli adulti muoiono per mano dei bambini (da una fascia di età di 4-5 anni ai 15 circa) e che questi ultimi si ritrovano in precarie condizioni a lottare nel vero senso della parola per la propria sopravvivenza. Alcuni addirittura, fregandosene del mondo in rovina intorno a loro, tirano avanti grazie alla cosiddetta legge del più forte perché ora sono speciali talvolta spietati, ma certamente intoccabili.
Potremmo definire “Nati nuovi” una distopia dalle blande allusioni al “Signore delle Mosche” di Golding. Le leggi che governano i fenomeni della vita sono cambiate talmente nel profondo da intaccare i geni di questi “bambini-adulti” costringendoli a crescere più in fretta del dovuto e a fare affidamento solo sulle proprie forze. Il sottotitolo specifica che si tratta dell’apocalisse dei ragazzini perché oltre a un mondo in collisione dovranno fronteggiare le paturnie di un’età difficile e insidiosa qual è la pubertà. L’amicizia avrà un ruolo fondamentale e verrà esplorata nelle sue mille sfaccettature: sincera, di convenienza, un po’ ruffiana, quella che sotto sotto nasconde un sentimento ancora più grande. I personaggi sono ben caratterizzati, quasi a sfatare il mito dell’ingenuità e innocenza insite nei bambini. C’è paura, angosce che nascono dal profondo, responsabilizzazione, uno sfuggente senso di distinzione tra ciò che è Bene e ciò che è male.
La prosa dell’autrice ha un piglio agile e spicca per una scrittura ruvida condita da humour nero, e un miscuglio di vernacolo romanesco, slang con anglicismi e italiano con la quale va a smorzare sia la tensione sia i dettagli più truculenti ma il tutto resta comunque comprensibile.
Ho apprezzato la lettura per il connubio perfetto tra pulp, distopia e parentesi quasi comiche; gli unici difetti – se così possiamo chiamarli – che mi hanno fatto storcere un po’ il naso li ho trovati nella mancanza di uno sviluppo più dettagliato di alcuni elementi inseriti nel contesto apocalittico e nel finale irrisolto. Non sembra un vero finale, la spiegazione che mi sono data è che forse l’autrice ha voluto lasciarsi uno spiraglio per un eventuale sequel, tuttavia non mi fanno impazzire gli epiloghi aperti.
In conclusione Domitilla Pirro con questa sua fatica letteraria non si erge in una posizione giudicante, ci racconta una storia e sta a noi interpretarla al meglio.
Elisa R