Buongiorno fantastopici! Prima di parlarvi del romanzo, mi tocca fare un mea culpa: non conoscevo la realtà editoriale de “Le Plurali” e me ne pento, navigando sul loro sito ho scoperto che si tratta di una casa editrice indipendente tutta al femminile ossia diretta da donne e che pubblica donne. Ma veniamo a noi …
TRAMA
In un tempo indefinito, il mondo vive le conseguenze di un morbo causato dallo sfruttamento sfrenato delle risorse naturali: la popolazione, dimezzatasi, per evitare l’estinzione della specie decide di creare dei centri di allevamento di esseri umani. Secoli dopo, a pandemia conclusa, gli allevamenti si sono trasformati in vere e proprie riserve di caccia dove, al posto di animali, vi sono quelli che vengono chiamati subumani. Non tutti, però, in questi luoghi di morte e divertimento sadico, svolgono passivamente il loro lavoro: sarà il volo silenzioso ma tenace delle api e l’incontro nella Riserva con la subumana Bianca a cambiare per sempre la vita e lo sguardo sulla realtà dell’infermiera Carla Ferretti. Sullo sfondo del ricordo della sorella, un incontro casuale con un allevatore di api e i movimenti di protesta contro la Riserva, Come volano le api ci immerge nelle paure e nei pensieri ribelli della sua protagonista contro la deriva, assurda, della specie umana.
Vincitore come miglior Fantasy al premio Città di Grottammare, la cui presidentessa onoraria è Dacia Maraini.
RECENSIONE Come volano le api
La distopia – di solito e lo sappiamo bene – vuole essere un monito. Attraverso l’estremizzazione di alcuni elementi che hanno fondamento nella nostra realtà, raffigura il peggior scenario possibile dal punto di vista sociale, ambientale o politico per metterci in guardia o, come in questo caso, mostrare una graduale disumanizzazione della società.
“Come volano le api” è il romanzo dell’esordiente Chiara Castello, corredato dall’illuminante postfazione di Giulia Abbate, all’interno del quale vengono esplorati gli strascichi emotivi e non lasciati da una pandemia. Ci tengo a sottolineare che il romanzo è stato concepito quando ancora non avevamo la più pallida idea di cosa fosse il Covid 19.
Siamo proiettati anni dopo “Il grande Morbo” che ha decimato la popolazione costringendo l’essere umano a correre ai ripari dando vita a veri e propri allevamenti: al loro interno troviamo i “subumani”. Sono creature con fattezze umane progettate e sviluppate in laboratorio e allevate come bestiame. Tuttavia, la sopravvivenza della specie umana, con il passare del tempo, lascia il posto al pubblico ludibrio, infatti, per uomini e donne opulenti, si trasforma in un gioco al massacro.
Carla lavora lì come infermiera e puntualmente si ritrova a monitorare questi esseri, anche se è vietato stabilire un contatto diretto con loro che esuli dal guarirne le ferite.
Gli interrogativi su cui si arrovella Carla e che vigono imperanti durante tutta la durata della lettura diventano i nostri, ma perlopiù il pensiero si sofferma su questo: Quanto può essere sottile il confine tra esseri necessari ed esseri sacrificabili senza grandi rimorsi? Chi ha stabilito che l’uomo sia gerarchicamente il più forte decretando il predominio e, di conseguenza, il diritto di decidere chi vive e chi muore tra i suoi stessi simili?
Chiara Castello in poco più di 130 pagine ha dato vita a un romanzo distopico dall’impronta ecologista, infatti, abilmente celati nel testo troviamo alcuni riferimenti alla questione ambientale. Ci si sofferma sul tema dell’equilibrio ambientale nel rapporto tra uomo e natura, nella fattispecie di natura violata.
A cosa si riferiscono le api del titolo? Oltre a essere realmente presenti nel testo, questi insetti sono simbolo di perseveranza e determinazione; sono operose e fanno squadra per il bene comune. Inoltre è possibile vederci una condanna alla società moderna incapace di tutelare l’ambiente, infatti, risale già agli inizi degli anni 2000 la notizia che le api stiano rischiando seriamente l’estinzione e al danno irreparabile che la loro scomparsa potrebbe causare alle nostre colture.
Il worldbuilding non è approfondito, ma con pochi semplici tocchi intuiamo l’affresco dolente e rabbioso di un luogo che fu fiorente e che ora sta cercando di rinascere dalle sue ceneri.
L’autrice sa come usare le parole per intessere emozioni profonde e tratteggiare questo mondo stravolto, ragionando sul valore dell’empatia – che si dimostra salvifica per l’uomo – ma anche sulle gerarchie sociali e un dilemma etico che s’insinua pagina dopo pagina.
Si tratta di un romanzo realistico, dolceamaro e, al contempo, icastico ma corredato da insospettabili picchi di tenerezza soprattutto nel tratteggio dei personaggi.
Il finale non è un finale assoluto, ma non per questo necessariamente foriero di un sequel.
Un testo raffinato e audace atto a schiudere la mente del lettore, non lasciando scampo a riflessioni complesse da gestire catturando le paure del mondo di oggi.
Elisa R
Ho letto qualche pagina e sto per buttarlo nel bidone della carta. L’argomento è intrigante, certo, ma quanto è scritto male? Frasi smozzicate, passaggi immotivati dalla terza alla prima persona e poi di nuovo alla terza. Sembra una bozza che non sia ancora stata riletta da nessuno, non un romanzo finito. Non era meglio farlo vedere a un editor prima di darlo alle stampe? Noi lettori meritiamo di meglio.