Recensione: The wall di J. Lanchester

Devastata dal cambiamento, una nazione insulare in un’epoca molto simile alla nostra ha costruito il Muro, un’enorme barriera di cemento attorno a tutta la sua costa. Joseph Kavanagh, un nuovo Difensore, ha un compito: proteggere la sua sezione della Barriera dagli Altri, le anime disperate che sono intrappolate in mezzo al mare in aumento e rappresentano una minaccia costante. Il fallimento comporterà la morte o un destino forse peggiore: essere messo in mare e fatto lui stesso un Altro. Assalito dal freddo, dalla solitudine e dalla paura, Kavanagh cerca di adempiere ai suoi doveri nei confronti del suo esigente Capitano e Sergente, anche se si avvicina ai suoi compagni difensori. Una parte oscura di lui si chiede se sarebbe interessante se succedesse qualcosa, se arrivassero, se dovesse combattere per la sua vitaNew York TimesLos Angeles TimesThe Wall.

RECENSIONE

Romanzo distopico, di discreta fattura, The Wall del giornalista e scrittore britannico John Lancaster narra di un futuro in cui la muraglia eponima protegge un generico ‘noi’ non solo da cambiamenti climatici ma da un altrettanto generico ‘gli altri’ che cercano in tutti i modi di penetrare nei luoghi ancora abitabili dell’occidente.

La trama segue il protagonista, un uomo qualunque, durante il suo servizio militare biennale obbligatorio proprio sulle mura fra turni di guardia, socializzazione con altri ‘difensori’, ritorni dall’insipida famiglia e vacanze con il gruppo di colleghi e amici commilitoni. La vicenda diventa intrigante quando ‘gli altri’ non solo attaccano ma s’infiltrano nei ranghi dei difensori e danno inizio a uno scontro che ha esiti catastrofici per il gruppo di personaggi su cui la vicenda si focalizza.

Il ritmo narrativo è serrato, credibile e, a mio parere, molto ben articolato. Ciò che più mi ha lasciato perplesso è la voluta e insistita mancanza di riferimenti spaziali che, a mio modo di vedere, inficia non poco l’efficacia rappresentativa della narrazione. Se ci troviamo davanti, come è ben possibile, a un’opera che vuole rivolgersi tanto al Vecchio che ai Nuovi Mondi di lingua inglese, cioè all’Inghilterra ma anche agli Stati Uniti e all’Australia, la strategia può avere la sua efficacia di romanzo-globale adattabile a qualsiasi realtà di capitalismo avanzato gravato dalle inevitabili conseguenze dei cambiamenti climatici e dei flussi migratori sia climatici che economici.

La tematica degli altri che si buttano all’arrembaggio di luoghi privilegiati che debbono difendersi manu militari, è assai attuale ovunque, sia nelle isole britanniche che in quelle oceaniche e nel Nord America: gli altri in agguato, portatori di potenziale disordine e di evidente divisione interna, non mancano da nessuna parte e persino in paesi non di lingua inglese. In virtù di questo una precisa localizzazione spaziale avrebbe costituito un punto in più.

Il finale del romanzo è intenso, certo non imprevedibile né originale, ma ricco di pathos e di un messaggio notevole: cosa succede quando si diventa altro da sé e si deve venire a capo di problemi che abbiamo ereditato da generazioni disgraziate?

Questo romanzo potrebbe piacere, in Italia, a molti dei lettori di fantascienza e distopia, tanto che una traduzione sarebbe auspicabile. Da qui ad accostarlo ad Orwell però ci vuole molta fantasia e una dose di entusiasmo che non ci sentiamo di condividere.

Alla prossima!!!

Roberto Risso

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