Recensione: L’esercito dei pomodori tristi di A. Rossi

Un titolo strano, quasi simpatico, per un testo crudo ed estremamente diretto. Edito da Edizioni Dialoghi è l’esordio narrativo per un’autrice che sembra avere le idee chiare.

TRAMA

La televisione trasmette ventiquattr’ore su ventiquattro, con un ricco palinsesto che varia dall’intrattenimento senza cervello alla propaganda religiosa. Non esiste internet. Viene tutto rigorosamente prodotto e distribuito all’interno del Paese. Si dice che un muro alto fino al cielo impedisca a chiunque di uscire fuori dall’ultimo brandello di vita che il batterio mangiacarne ha risparmiato.

Una donna, una vigilante senza volto, si ostina a prendere parte a una battaglia forse già persa in partenza. Gioca a salvare il mondo, sempre che il mondo voglia o meriti di essere salvato. A qualcuno importerebbe? Forse a Giulia, piccola innocente anima inconsapevole, l’unica cosa bella in una realtà senza speranza. Poi un giorno un foglietto con poche parole scarabocchiate mette tutto in discussione. “So tutto”. È così che ha inizio un oscuro viaggio a bordo di un pick-up nero in compagnia di tre perfetti sconosciuti, nel quale scoprire cosa c’è al di là del muro svelerà inquietanti e imprevedibili verità.

RECENSIONE

Romagnola di nascita, distopica per passione, Adelaide Rossi ha deciso di esordire nell’amorevole mondo della narrativa con un romanzo crudo e disincantato.

Sono bastate poche righe a farmi sospirare di sollievo, a salvarmi dall’idea di avere in mano l’ennesimo YA con una protagonista fighissima, intelligentissima, nata per essere la predestinata e prossima regina del mondo.

La storia inizia in un mondo claustrofobico e dominato dalla paura. Il batterio mangiacarne divora le persone, dall’esterno o dall’interno, uccidendole un pezzo alla volta. Nessuno sa da dove arrivi, o come contrastarlo. Le persone possono solo chiudersi nel fanatismo religioso, aggrapparsi alle menzogne o impazzire.

Ogni contatto con il mondo esterno è precluso, le informazioni sono costruite per ammansire il popolo affamato di illusioni, e la disperazione va a braccetto con la povertà. Le classi sociali, se così si possono chiamare, si dividono tra chi sopravvive e chi muore male.

In mezzo a tutto questo c’è una donna senza volto, con un teschio di carne molliccia al posto della faccia. Una vigilante dal passato violento, una donna indurita dalla vita, che un girono deve scegliere se vivere o morire. Un giorno come tanti, scandito dalla caccia ai Drachen e dal desiderio di tenere in vita la piccola Giulia.

Momento in cui inizia l’avventura alla scoperta della verità. Un viaggio disturbante, che risponderà a tutti gli interrogativi che emergono nelle prime pagine del libro.

La narrazione in prima persona è coinvolgente, diretta e senza filtri. Ha una credibilità all’interno della finzione narrativa. I passaggi didascalici sono pochi e, nonostante alcune parti seguano dei binari narrativi prestabiliti, la lettura da un piacevole senso di scoperta. Non tanto nelle azioni, quanto nei pensieri che mergono tra i dialoghi e i ricordi.

L’ambientazione e i dettagli sono ridotti al minimo, come piace a me, ma per una buona fetta del pubblico questa caratteristica potrebbe essere poco apprezzata. Il narrato si concentra sulla protagonista, su quello che dice o che pensa, e non lascia spazio alla comprensione dell’ambiente. Si fa un po’ fatica a immaginare i luoghi o i dettagli di contorno.

L’esercito dei pomodori tristi, e lascio a voi scoprire il motivo del titolo, rappresenta un ottimo esordio narrativo. Migliorabile? Sicuramente, ma non per questo meno valido. Ho apprezzato il tema del controllo, il richiamo all’isolamento dovuto una pandemia, e il conflitto interiore tra l’essere liberi e il voler sopravvivere.

A presto.

Delos

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