È stato il primo in Italia a presentarsi come “futurologo”. Gli dobbiamo un libro innovativo e antesignano per la nostra cultura, Medioevo Prossimo Venturo (1971), del quale mi riprometto di parlare prossimamente.
È Roberto Vacca (nato nel 1927) un ingegnere, matematico, divulgatore scientifico, scrittore e accademico che si è divertito anche con la scrittura creativa. In particolare vorrei segnalare oggi il suo primo romanzo Il Robot e il Minotauro (1963). Un’opera originale e forse un po’ sottovalutata per via del nostro provincialismo che, soprattutto negli anni ’60-’70 esaltava la letteratura fantascientifica di matrice americana e snobbava quella autoctona come letteratura di seconda serie.
Il romanzo vede protagonista Mino Dauro – palese e voluta l’assonanza con il mitico Minotauro, l’essere ibrido parte umano, parte animale – uno scienziato che riesce a trasformare il proprio cervello in un calcolatore elettronico, anzi il più potente calcolatore, superiore a qualsiasi altra macchina, proprio perché in parte composto di materia cerebrale. Tuttavia emerge una difficoltà: la velocità di elaborazione è infinitamente superiore a quella di traduzione vocale dei risultati, e allora escogita una soluzione estrema: si fa innestare nel braccio una morsettiera che gli consente di collegarsi direttamente con una telescrivente. Così il flusso di dati in uscita potrà corrispondere a quello della elaborazione.
Le sue invenzioni attirano però l’interesse di molti, si rende conto di essere in pericolo e per questo fugge in Olanda dove viene ospitato da un collega. Un altro ingegnere, Jan Boerma, che a sua volta ha inventato un Robot che ha sempre di più reazioni umane. Qui, tuttavia, scatta l’amore tra Mino Dauro e la moglie dell’amico. Il sentimento, prima per lui sconosciuto, provoca un guasto al cervello-computer che Mino cerca di risolvere con l’aiuto di uno psicoanalista.
A questo punto avviene la svolta finale, che non anticipo, ma il suo senso è che Mino Dauro ha ormai avviato un processo di ibridazione irreversibile e la psiche profonda non può che risentirne.
Incredibile l’originalità di temi che emergono, siano negli anni ’60, non dimentichiamolo: quello del rapporto umano-macchina, contrapposto all’altro della macchina umanizzata. Quello del cyborg, quello del rapporto tra cultura cibernetica e cultura emozionale.
Roberto Vacca, con leggerezza e una buona dose di ironia, mette sul tavolo le problematiche che oggi occupano molta parte della letteratura di fantascienza ma anche della saggistica contemporanea, ormai angosciosamente rivolta all’indagine sul futuro che ci attende. Con una scrittura leggera e immediata, uno stile per niente pedante o professorale, anticipa figure e temi che appartengono alla nostra quotidianità. E non smettono di porci domande alle quali non sappiamo ancora bene come rispondere.
STEFANO ZAMPIERI