Alla conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, COP 27, che si è svolta a Sharm El-Sheikh, dal 6 al 18 novembre non è stata accolta la richiesta di regolamentare l’abbandono dei combustibili fossili.
Un altro terribile fallimento in quello che probabilmente è stato il meno proficuo convegno sul cambiamento climatico mai svolto.
COP, breve recap
Allora, per chi non lo sapesse, la COP, Conferenza delle parti, è il più importante incontro globale delle nazioni mondiali per affrontare il tema del cambiamento climatico.
Nella prima edizione, nel 1992 a Rio de Janeiro è stato approvato l’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) ovvero Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, ratificato da 195 Paesi e entrato in vigore nel marzo del 1994: di fatto il primo passo, importantissimo, per dare il giusto rilievo al problema del cambiamento climatico.
Negli anni successivi si sono susseguite conferenze con risultati alterni, sicuramente quelle più conosciute sono quelle di Kyoto del 1997 e quella di Parigi del 2015.
Nel ’97 è stato approvato il famoso Protocollo di Kyoto in cui tutti gli stati che lo hanno ratificato si impegnavano a ridurre le emissioni di elementi di inquinamento (diossido di carbonio e altri cinque gas serra, ovvero metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo).
Nel 2015, invece è stato raggiunto l’Accordo di Parigi cioè quello di mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 2ºC rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5ºC.
Il fallimento della COP 27
Parliamo prima delle cose buone, anzi dell’unico risultato positivo di questa conferenza: l’adozione del documento di istituzione del fondo “loss and damage”, un fondo per le perdite e i danni subiti dai paesi più colpiti dalla crisi climatica.
Cosa vuol dire? Vuol dire che, finalmente, chi rompe paga!
Infatti sono soprattutto i Paesi più poveri a subire più danni dai rischi climatici ma, sono invece i paesi più ricchi a provocare gli squilibri del pianeta con le elevate emissioni di gas serra.
Questo documento è un’importante risposta alle richieste di “giustizia climatica”.
Ma che senso ha istituire un fondo per pagare i danni se poi non si prende nessuna decisione per limitarli?
Il punto è che neanche quest’anno, come a Glasgow nel 2021, non è stato fatto nessun piano per l’abbandono dei combustibili fossili. A Glasgow erano partiti con la proposta dell’uscita dal carbone (phase-out) per poi concludere la conferenza con un labile suggerimento a una “blanda riduzione” (phase-down).
Quest’anno… nulla!
Il documento finale della COP 27 è assolutamente neutro sul tema dei combustibili fossili.
Risultato prevedibile
Si poteva prevedere?
Ma certo: pensate che alla COP 27 c’erano più lobbisti di carbone, petrolio e gas che delle 10 delegazioni dei Paesi più vulnerabili messi insieme: Porto Rico, Myanmar, Haiti, Filippine, Mozambico, Tailandia, Nepal, Bahamas, Bangladesh e Pakistan.
E ancora: molti delegati non erano presenti unicamente in nome e per conto delle compagnie fossili ma integrati nelle delegazioni ufficiali di ben 29 Paesi. È facile intuire che abbiano avuto un ruolo importante nelle trattative…
Ma non solo, guardate il rapporto tra numero di lobbisti dei combustibili fossili presenti rispetto ai rappresentanti degli altri interessi rappresentati alla COP 27:
- Combustibili fossili 636
- Governo locale 302
- Comunità indigene 293
- Donne e genere 227
- Sindacati 92
- Agricoltori 89
Cosa ci si poteva aspettare di diverso?
Conclusione
Infine una riflessione sorge spontanea: ha davvero senso continuare ad organizzare una conferenza di questa portata con il conseguente spreco di denaro e risorse?
Non vi fa rabbia pensare che, questi, dopo due settimane di negoziati abbiano addirittura dovuto aggiungere un giorno e mezzo di trattative per giungere a un documento finale che non pone nessun vincolo ai governi mondiali sulle emissioni di CO2?
E che l’unico risultato sia stato un fondo che senza questo vincolo risulterà di fatto inutile per l’irreversibile aggravio dei danni?
Debora Donadel