La notizia buona è che Black Mirror 6 è tornato a far parlare di sè, come forse mai era accaduto dal suo passaggio su Netflix. Quella meno buona è che questa sesta stagione ha messo definitivamente la parola fine alla serie, e attenzione, non perchè non sia bella. Ma semplicemente perchè è completamente fuori traccia.
Recensione Black Mirror 6
Partiamo dalla base. Che cos’è Black Mirror? La definizione indica un qualcosa di ben preciso e dal significato chiarissimo: è lo schermo nero del display. Il momento di buio in cui i nostri dispositivi elettronici, riflettono soltanto la nostra immagine. Uno specchio nero, appunto.
Uno spunto perfetto per parlare in maniera originale e innovativa dell’influenza che proprio la tecnologia, in tutte le sue possibili declinazioni, potrebbe avere (o ha avuto) sugli esseri umani e sulla loro società.
Ed essendo una serie antologica (ovvero ogni episodio ha una storia a sè), ne è venuto fuori un quadro quanto mai ampio e variegato a riguardo. Da capolavori incredibili delle prime stagioni, come possono essere “15 minuti di celebrità” o “San Junipero”, passando per quelli della quinta, che comunque avevano proposto temi inerenti al filone (realtà virtuale, privacy nei social network, intelligenza artificiale).
Poi è arrivata la sesta. E faccio un preambolo: cavolo se mi è piaciuta. Ecco, l’ho detto subito. Così possiamo focalizzare il vero problema di questa stagione, che principalmente è questo: non è più Black Mirror. Non solo la tecnologia non è minimamente al centro della storia (e anche dove sembra lo sia, a ben vedere si sta comunque parlando di mondi del passato, là dove non vere e proprio “Ucronie”), ma siamo sconfinati abbondantemente nel fantastico (come dovrei chiamare demoni e lupi mannari?).
Quanto segue quindi, è un personale giudizio sui cinque episodi, partendo però dal presupposto che no, non si possono più chiamare Black Mirror. Stiamo parlando di un’altra serie. Ben fatta, bella, interessante, ma diversa. E sarebbe meglio dirlo chiaramente, perchè altrimenti si parlano lingue diverse e si va incontro a evitabili polemiche.
I cinque episodi della nuova stagione
Joan is Awful
Si inizia subito con il “botto” in questa sesta stagione, con l’episodio girato da Ally Pankiw che vanta nel cast anche due straordinarie Salma Hayek e Annie Murphy. Siamo in effetti nel campo delle nuove tecnologie, almeno in principio, quando la protagonista si ritrova catapultata in una serie televisiva che racconta proprio la sua vita. Quasi in diretta, letteralmente, visto che già alla sera viene trasmesso quanto successo durante la giornata. A renderlo possibile, l’intelligenza artificiale e la possibilità di ricreare tutto in CGI in tempi brevissimi (raccogliendo dati da telefonini e altri dispositivi). Idea forte e interessante, anche se non prettamente originale e con un finale scontato e forse anche un po’ forzato.
Loch Henry
Qua la divergenza inizia a farsi sentire pesantemente, perchè siamo in una realtà imprecisata del nostro recente passato, dove il tema principale è un “thriller” a forti tinte macabre e violente, che ci viene svelato piano piano lasciando spazio anche per un forte finale emotivo. Episodio ben girato da Sam Miller, con una tensione palpabile e crescente.
Beyond the Sea
Cavolo c’è lo spazio, androidi e collegamenti mentali. Ci siamo. E invece no, perchè in questo caso siamo di fronte a una vera e propria “ucronia”. Il mondo in cui si muovono i due astronauti Aaron Paul, Josh Hartnett e la moglie Kate Mara, sembra uscito dagli anni cinquanta, con la differenza che si è sviluppata questa possibilità di collegamento mentale tra i due umani in carne e ossa nello spazio, e le due repliche meccaniche sulla Terra. Ciò detto, l’episodio è fantastico e lascia letteralmente a bocca aperta.
Mazey Day
Forse l’episodio meno riuscito della serie. E non lo dico solo perchè è anche quello che meno rientra nei miei standard da Black Mirror (vabbè, non posso dirvi il finale, ma ci arriverete presto). Un po’ tirato via nell’epilogo, scontato nella narrazione.
Damon 79
Difficile non raccontarvi che stiamo parlando di un demone. Per fortuna ce lo spoilera subito il titolo, così posso dire che ovviamente siamo all’apice del fuori tema. Anche in questo caso, fatta la doverosa premessa, siamo però di fronte a un piccolo gioiellino. C’è dentro di tutto (tranne che la tecnologia), in una distopia nascente che si tramuta in un’apocalisse probabile. Un po’ il rischio che stiamo vivendo costantemente sulla nostra pelle, passando per misoginia, razzismo e chi più ne ha, ne metta.