Recensione Il mondo sul filo di Daniel F. Galouye

Dopo ben quarant’anni dall’ultima edizione italiana, pubblicata nel 1976 da Moizzi Editore, nel 2016 grazie ad Atlantide Edizioni e alla traduzione di Federico Lai, torna in auge un classico del genere distopico che in pochi conoscono: “Il Mondo sul filo” di Daniel F.Galouye.

TRAMA DE IL MONDO SUL FILO

E se il nostro mondo fosse soltanto un esperimento virtuale sfuggito di mano al proprio creatore?
Il mondo come illusione, semplice immagine e simulacro di una Realtà superiore e inattingibile, dove esistere è un fatto assoluto. O forse no.
Un demiurgo sadico e onnipotente che gioca a sentirsi un Dio. Una rappresentazione gnostica e visionaria dei nostri giorni e di quelli a venire, in cui l’umanità intera si trova imprigionata in un sistema claustrofobico che ruota intorno ai sondaggi politici e alle previsioni di marketing.
C’è un libro che racconta tutto questo e che ha ossessionato autori tra di loro diversissimi come il cineasta tedesco Rainer Werner Fassbinder (che ne trasse un film bellissimo e allucinato), il filosofo e storico delle religioni rumeno Ioan Petru Culianu e lo scienziato inglese Richard Dawkins, influenzando poi, a distanza di oltre tre decenni dal suo primo apparire, un altro film, Matrix, e l’idea stessa di realtà e apparenza di ogni cosa che ne è alla base.
Questo libro fu scritto da un autore oggi pressoché dimenticato, l’americano Daniel F. Galouye.
Questo libro è Il mondo sul filo.

RECENSIONE DE IL MONDO SUL FILO

Sullo sfondo di una città senza nome pullulano i controllori di reazione incaricati, attraverso domande mirate e poste in qualsiasi momento, a effettuare un campionamento dell’opinione pubblica su un qualsivoglia prodotto affinché, prima di essere immesso nel mercato, il grado di soddisfazione sia ai massimi livelli.
Douglas Hall, specialista in programmi di simulazione, sta lavorando assieme al Dottor Fuller al lancio del Simulacron: un mondo virtuale popolato da avatar senzienti sui quali poter sperimentare quest’invadente fase sondaggistica eliminando per sempre la presenza dei controllori nella realtà… ma quando Fuller muore in circostanze sospette e attorno a lui cominciano ad accadere fatti al limite del paradossale, tanto da dubitare della sua stessa salute mentale, deciderà di sbrogliare il bandolo della matassa scoperchiando un vero e proprio vaso di Pandora.

La prima pubblicazione del libro risale al 1964, quando ancora i computer erano a uno stadio a dir poco embrionale ed è per questo che Galouye dimostra di essere stato sì un visionario, ha fatto da apripista, dando spunto a diversi registi che hanno trasposto su schermo parecchie variazioni sul tema, e sempre per lo stesso motivo – ovvero il suo essere oramai un libro datato – gli si perdonano certi passi falsi tanto a livello di sequenzialità quanto di intreccio… Infatti, stenta ad ingranare, le prime pagine mancano di mordente ed entrare a pieno ritmo nella vicenda non è così immediato come si penserebbe; anche l’introspezione dei personaggi non mi ha pienamente convinta, vengono presentati in modo distaccato e questo suscita ben poca empatia verso di loro, sebbene si noti la cura nel renderli il più verosimili possibile. Narrato in prima persona, attraverso il personaggio principale Doug, veniamo chiamati a interrogarci sul “chi (o cosa) siamo davvero?”.

Lentamente s’insinua il seme dell’incertezza che fa vacillare le irrisorie convinzioni del protagonista e, per l’appunto, il mantra che Doug si ripete più volte per preservarsi dal baratro della follia e da una pletora di dubbi esistenziali è “Cogito ergo sum” (penso, dunque, sono); diventiamo spettatori di una graduale presa di coscienza dei limiti umani e dell’illusione della libertà.

Poiché la consapevolezza di sé è l’unica misura dell’esistenza.

Anche se in maniera molto blanda, ha richiamato alla memoria echi dall’inquietantissimo racconto di Harlan Ellis “Non ho bocca e devo urlare”.
In conclusione, però, nonostante le problematiche di cui vi accennavo abbiano compromesso l’entusiasmo iniziale, mi sento comunque di consigliarlo agli amanti delle realtà simulate ed anche a chi è in cerca di un distopico su una società fondata sull’apparente tutela dell’individuo, ma che in realtà vive in un ambiente liberticida.

Elisa R

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *