L’angosciante miniserie turca, prodotta da Netflix, che analizza e condanna la società attuale attraverso un’estremizzazione dei nostri problemi di comunicazione in mondo figlio della libertà di pensiero.
Trama di Hot Skull
Futuro prossimo, forse alternativo, il mondo viene colpito da un’epidemia che si diffonde attraverso la comunicazione orale. I governi cadono, la gente vive nel terrore e un’istituzione tirannica insegue un linguista immune dalla malattia.
Recensione di Hot Skull
La storia si svolge in una Turchia piegata da una misteriosa pandemia che si diffonde attraverso il linguaggio, anche quello ascoltato tramite registrazioni. Gli infetti farneticano frasi senza senso, parlano in preda a un delirio folle e sono in grado di contagiare chiunque li ascolti.
La pandemia dilaga velocemente, passa di bocca in bocca fino a far precipitare la nazione nelle mani dell’IBE, un’organizzazione tirannica che crea una dittatura del silenzio e che confina i malati in ghetti di quarantena simili a lager. Istanbul è una città fantasma avvolta in un silenzio innaturale, le persone vivono indossando cuffie e tappi per le orecchie per evitare di ammalarsi. Ogni parola ascoltata potrebbe essere mortale e ogni frase pronunciata, se male interpretata, potrebbe pesare come una condanna a morte. Nessuno parla, nessuno ascolta, tutti obbediscono al IBE per sopravvivere.
In questo futuro si muove Murat, un linguista tormentato da sé stesso e da un’immunità alla malattia che lo costringe a nascondersi dagli uomini dell’IBE. Nel suo DNA risiede la speranza di trovare una cura per tutti i malati e un vaccino per proteggere i sani, ma non tutti vogliono che ciò accada. Curare la popolazione, donargli nuovamente la libertà di parola, significherebbe perdere il controllo che l’IBE ha su di essa.
Hot Skull, che prende il nome da ciò che accade a Murat quando entra in contatto con un infetto, è un serie lenta e che impiega un po’ a farsi apprezzare. Attraverso una narrazione che oscilla tra quotidianità e follia, muove i fili di una trama che probabilmente ha un respiro più ampio di quello che sembra.
Attraverso una critica al mondo moderno, mostrando cosa accade quando nessuno parla e nessuno ascolta, Hot skull ci mostra l’importanza della comunicazione. La libertà di parola, così come l’importanza della condivisione, sono alla base della libertà. Le farneticazioni dei malati sembrano una metafora ai chi cerca di dar voce a pensieri fuori dal coro, a chi vuole esprimere un punto di vista diverso da quello imposto dal regime.
La prima stagione di Hot Skull colpisce e spaventa. Riporta alla mente gli echi del Covid, delle dittature passate e del malcostume moderno creato dai social. Momenti in cui è mancata una reale comunicazione tra le persone, in cui ogni frase è figlia di rapporti falsi e di sentimenti falsati. Non può esserci nulla di reale in un mondo in cui si parla a sproposito, in cui ci si nasconde dietro a preconcetti o in cui non si vuole fare lo sforzo di ascoltare l’opinione altrui.
Hot skull è una serie lenta, che spesso si perde in scene lontane dalla cadenza narrativa europea, ma che ha un ottimo potenziale e che gioca molto con una sottotraccia thriller. Il finale della prima stagione lascia aperta la porta a una possibile seconda stagione che (forse) promette una velocità narrativa maggiore.
Consigliata agli amanti delle storie d’approfondimento, a chi vuole capire cosa viene narrato senza bisogno di un’eccesso di frenesia.
A presto
Delos