TRAMA DI IL MIO VULCANO
A Central Park nel giro di tre settimane una roccia si trasforma, sotto gli occhi sbigottiti dei passanti, in un vulcano attivo alto tremila metri. L’inspiegabile evento sembra coincidere con un crescendo di fenomeni in tutto il mondo. John Elizabeth Stintzi intreccia molte vite a quella del vulcano: un bambino vive la caduta dell’Impero azteco; un ricercatore a Tokyo indaga la leggenda di una donna che scende da un vulcano per distruggere villaggi e città; una persona trans negli Stati Uniti scrive un romanzo su una civiltà che prospera in un pianeta impossibile; un pastore nomade in Mongolia viene trasformato dalla puntura di un bombo in una creatura verde, spinosa e fiorita. In tutte queste vite, la trasformazione sembra essere l’unica speranza concessa: cambiare, superarsi, bruciare il sé. Un’opera straripante sulla profondità delle connessioni umane ed ecologiche, che unisce il meraviglioso e l’assurdo al realismo più crudo. Il mio vulcano ci ricorda cosa significa vivere in un mondo in fiamme.
RECENSIONE DI IL MIO VULCANO
E se vi dicessi che in una mattina qualunque, a Central Park, appare dal niente un gigantesco vulcano attivo?
È con questa premessa che “Il mio vulcano”, romanzo di John Elizabeth Stintzi – edito da Tlon e tradotto da Clara Nubile – ha inizio.
Un’opera-mondo eco-apocalittica, ma di stampo fortemente weird, incentrata sul tema della trasformazione – scaturita da determinate circostanze quali eventi soprannaturali o traumatici – declinata a livello fisico, psicologico, culturale e ambientale. Sì, perché quest’ultima diventa emissaria di altri temi che la toccano in modo trasversale: principalmente identità di genere, etnia e tessuto sociale in rapporto col mondo circostante. Avvertiamo che si tratta di un processo radicale, una volta intrapreso quel percorso di cambiamento diventa inevitabile e, spesse volte, doloroso. Tuttavia, è così, leggendo, che veniamo invitati a domandarci se vorremmo diventare “altro”. Questo va ad aggiungere una connotazione queer al romanzo poiché si fa cenno all’identità fluida e all’esplorazione del diverso.
Soffermandomi sull’ultimo punto, nel libro fa capolino un messaggio ecologista dato tanto dalla connessione tra esseri umani e natura quanto dagli effetti devastanti dovuti alla negligenza dell’uomo che va a scompaginare gli equilibri del pianeta. Eppure, Il vulcano in procinto di eruttare non simboleggia solo gli effetti del riscaldamento globale, ma diviene allegoria di una rabbia repressa che sobbolle come lava e che assume le proporzioni di un mostro da fronteggiare.
La connotazione weird si manifesta tramite onirismo, tema del doppio tramite scissione e ultima, ma non per importanza dalla presenza di strani personaggi come il Golem o dall’accidentale metamorfosi di un pastore che vedrà stravolta la sua vita senza potersi opporre.
Assurdo e realismo si uniscono dando vita a un romanzo surreale dove perfino il tempo è instabile, passiamo repentinamente dai giorni nostri all’epoca in cui i conquistadores spagnoli infierirono sull’Impero Atzeco.
“Il mio vulcano” è un’opera affascinante e di grande verticalità improntata sugli “attraversamenti” che consiglio a chi non si lascia scoraggiare da quest’ordine anarchico perché, seppur sembra di trovarsi di fronte a situazioni stratificate e senza logica apparente, è apprezzabile per la sua originalità e per il significato intrinseco che custodisce.
Elisa R