Recensione La madrivora di Roque Larraquy

TRAMA DE LA MADRIVORA

In un sanatorio di Buenos Aires, nel 1907, il dottor Quintana e i suoi colleghi intraprendono una macabra serie di esperimenti per esplorare il confine tra la vita e la morte. A distanza di cento anni, un celebre artista, ex bambino prodigio, sonda gli estremi della ricerca estetica, trasformando i corpi umani in opere d’arte. Due narrazioni distinte che affondano le radici nella stessa materia e attingono alle medesime ossessioni partorendo un effetto grottesco, elettrizzante e cupamente ironico.

Fino a che punto siamo disposti a spingerci pur di indagare la trascendenza? La madrivora è pieno di orrore, eccesso e farsa: strane formiche che disegnano cerchi quasi perfetti, amori travagliati, piante carnivore e decapitazioni. Un romanzo in cui la scienza diventa sineddoche di una modernità visionaria e il concetto di razionalità viene messo in discussione. Larraquy permette al mostruoso di entrare a far parte del quotidiano: non come estraneo, ma come conseguenza della nostra incessante ricerca del progresso collettivo e personale.

RECENSIONE DE LA MADRIVORA

Salve amici di LDFO! Oggi, per la nostra rubrica “Dietro l’angolo”, oggetto di disamina il romanzo weirdLa madrivora’ dell’autore argentino Roque Larraquy, pubblicato in Italia da Alter Ego Edizioni con la traduzione di Carlo Alberto Montalto.
L’opera in questione si distingue per la sua natura insolita e per i temi trattati come la ricerca dell’immortalità, il rapporto tra il corpo e la scienza e l’arte, e la scelleratezza dell’ambizione.

Il libro si articola in due sezioni: la prima è ambientata nel 1907 e segue la cronaca di Quintana, un medico dalla dubbia etica che viene coinvolto in un fuorviante esperimento sul confine tra la vita e la morte; mentre la seconda – siamo proiettati nel 2009 – è la risposta di un artista prodigio dell’alta società a una tesi di dottorato incentrata sulla sua vita e sul suo lavoro poiché egli si è spinto fino all’estremo nel forsennato studio della trasformazione estetica.
Nella prima parte, ci si concentra principalmente su questa folle impresa, raccontata con un marcato cinismo e una certa distanza emotiva. Vengono introdotti personaggi eccentrici che non si fanno alcuno scrupolo nel voler valicare i confini etici per conseguire i loro scopi. La seconda, invece, si apre con l’artista che narra con disarmante onestà gli episodi più significativi della propria esistenza. Nonostante il tono si mantenga distaccato, non si può evitare un brivido nel leggere come descrive la macabra ed estrema creatività che ha contraddistinto la sua repentina evoluzione artistica.
Facendo un bilancio tra le due, ho trovato questa seconda storia più efficace e particolarmente trascinante, cattura in un vortice di emozioni contrastanti, perché ti lascia sospeso tra dubbio e sgomento per l’audacia del lavoro di questo individuo dall’estro così spiccato e fuori dal comune.
Le due vicende presentate, all’inizio, sembrano legate unicamente dal contesto ossia la città di Buenos Aires. Tuttavia, emerge un legame attraverso la misteriosa pianta immaginaria che fornisce il titolo all’opera e, man mano che la lettura procede, si manifesta una sorta di ossessività di fondo a fare da fil-rouge. Nonostante ciò, le connessioni tra i due macro-racconti sono lasciate intenzionalmente vaghe e nebulose, invitando il lettore a esplorare e interpretare da sé le sottili trame che le uniscono.
La complessità narrativa è data non solo da dialoghi surreali, ma viene rafforzata dalla mancanza di affidabilità delle voci narranti, in particolar modo quella di Quintana che è morboso e non solo per quanto concerne le sue “ricerche accademiche“.


Questa disturbante fatica letteraria ha superato di gran lunga le mie aspettative lasciandomi in bilico sul filo dell’incredulità. La capacità dell’autore di giocare con una narrazione molto cupa e penetrante, arricchita da vivaci sprazzi di umorismo nero e una provocatoria ironia, trasformano l’esperienza di lettura in un viaggio strano e memorabile.
Nelle pagine di questo libro si annida un monito potente: la vera mostruosità è radicata nella natura umana, guidata da un egoistico e intenso desiderio di oltrepassare i limiti della trascendenza.
Vi invito quindi a scoprire ‘La Madrivora’ per immergervi nel mondo caustico e straripante di eccessi ideato da Larraquy punteggiato da riflessioni e sfila un carosello di figure perverse e immorali.

Elisa R

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