Recensione In orbita! di Bae Myung-hoon

TRAMA DI IN ORBITA!

Nel cielo terrestre è apparso un secondo sole. Opera artificiale di anonimi sabotatori, si distingue per la sua curiosa forma di Pac-Man. Le forze spaziali della Repubblica di Corea si scuotono dall’abituale sonnolenza per affrontare l’inatteso fenomeno, che oltretutto riscalda l’atmosfera. Nella girandola di eventi che ne segue, tutti ambientati in una sperduta base di lancio, conosciamo una galleria di personaggi dall’ex membro della boyband B-Density che sin da bambino sognava di fare l’astronauta, all’agente dei Servizi informativi esperto di origami, fino alla pilota di razzi che combatte contro l’intelligenza artificiale. A complicare il tutto interviene il ritorno sulla Terra del crudele governatore di Marte, che ha appena sedato una rivolta su un pianeta rosso completamente antropizzato. Con il ritmo e la struttura di un K-drama, In orbita! combina l’ambientazione aerospaziale tipica della fantascienza con una spiccata vena satirica che evidenzia storture e tic della Corea odierna, parlando di incomunicabilità, dinamiche di potere e relazioni umane.

RECENSIONE DI IN ORBITA!

Ancora una volta grazie alla lungimiranza di ADD Editore e su traduzione direttamente dal coreano a cura di Lia Iovenitti, Bae Myung-hoon – una delle voci distintive del panorama letterario sudcoreano – delizia nuovamente il pubblico italiano con la sua ultima opera. Dopo averci sorpreso con effetti speciali con la sua antologia “La torre, dove racconti slegati tra loro condividevano lo stesso wordlbuinding, con ‘In orbita’ ci offre un romanzo a tutti gli effetti.

In un futuro non meglio identificato, un fenomeno inspiegabile altera radicalmente il cielo del nostro pianeta: appare un secondo sole, la cui forma ricorda quella di Pac-Man o di una pizza dalla quale manca una fetta. Questo corpo celeste cresce esponenzialmente compromettendo l’equilibrio dell’ecosistema e causando un’impennata nelle temperature, rendendo la vita sulla Terra quasi insostenibile. In risposta a questa crisi, il governo della Repubblica di Corea – servendosi dell’unità di Forza Spaziale coreana – si mobilita per far fronte al problema.

“Lei che ne pensa delle forze spaziali coreane?”
[…] “Le persone sono intelligenti, il sistema è stupido. Un corpo militare che visto giorno per giorno è una sit-com.”

Bae Myung-hoon con stile sobrio, dispiega una sequenza narrativa che consente di classificare l’opera come un romanzo ma con una particolarità: l‘intelaiatura stilistica, che procede per episodi, crea l’impressione di una serie di racconti interconnessi che si dipanano a partire dall’evento clou, ovvero la comparsa del secondo sole. Il dramatis personae si compone di ben nove personaggi principali che si alternano nel corso della storia, dipanando la trama del libro.


La peculiarità di questo libro, a mio avviso, è duplice e risiede, da una parte, nella decisione di adottare il genere fantascientifico come escamotage per distanziarsi dal contesto contemporaneo e, dall’altra, impiega la satira come un’arma pacifista con cui pungolare sottilmente il tessuto sociale coreano.
L’aspetto fantascientifico si palesa perlopiù tramite sparute informazioni, ad esempio, che la Corea possiede un comando spaziale autonomo e che Marte è stato oggetto di colonizzazione, con la fondazione di una città popolata da alcuni membri di tale comando spaziale. Questi ultimi mantengono la comunicazione con la base sita sulla Terra e tra i due avamposti si stabilisce una sorta di scambio di informazioni, così vengono gestite anche operazioni a distanza.
L’ironia è un ingrediente fondamentale in questo romanzo e si manifesta attraverso una serie di situazioni paradossali che mettono alla prova i personaggi. Questi ultimi, con le loro personalità eccentriche, combinate alle interazioni che li vedono protagonisti, infondono nel racconto un senso di comicità che ricorda da vicino il mondo delle sitcom.
Questo approccio non solo arricchisce il testo di una dimensione ulteriore, ma invita il lettore a volgere uno sguardo trasversale sul mondo a Occidente.
Eppure, se paragonata a “La torre“, in questo contesto, l’ironia appare un tantino smorzata e tendente all’umorismo piuttosto che a una satira pungente.


Con questo tono scanzonato, l’autore spalanca una finestra su un Paese e le sue contraddizioni. Servendosi di una prosa disadorna e di battute fulminanti, si sprigiona uno humour liberatorio che mette sotto i riflettori: l’incoerenza dei poteri forti nei confronti del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici in generale; le dinamiche di potere e la sua redistribuzione che si manifestano tramite la corruzione e l’oppressione, nonché mediante un ordine gerarchico a dir poco labirintico, e tanto altro ancora.

In orbita‘ è un’opera che, pur senza rivoluzionare il genere, regala un’esperienza di lettura gradevolissima. La narrazione scorre con scioltezza, mantenendo l’attenzione e l’interesse senza mai annoiare. È quel tipo di lettura che ti fa dire: “Ok, non sarà il capolavoro della vita, ma mi ha fatto passare un bel po’ di ore spensierate!” E in fondo, non è forse questo il vero scopo di un buon libro? Intrattenere e magari anche far riflettere un po’, il tutto con leggerezza e un pizzico di ironia.

Elisa R

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