Distopie Giapponesi

Ogni appassionato di manga, anime, narrativa giapponese, o semplicemente fruitore della TV degli anni a cavallo tra il 1980 e oggi, sa quanto la fantascienza e la distopia siano presenti nelle storie provenienti dal Giappone.

La fantascienza in Giappone inizia a ritagliarsi uno spazio importante nell’immeginario quando, nel 1868, Gondō Makoto traduce il romanzo dell’olandese Pieter Harting Anno domini 2071 che racconta di un viaggio nella Londra del 2065. Un primo timido passo, che però lancia il genere miraki, che mette in relaizone il presente e il futuro per creare un embrione tra distopia e profezia.

Da quel momento iniziano a proliferare storie ambientate nel futuro e che raccontano avventure epiche e che porta Yano Ryūkei a pibblicare Ukishiro monogatari (Storia della Ukishiro), forse il primo (vero) romanzo di fantascienza giapponese. Da quel momento la storia del paese e gli eventi hanno inziato a correre talmente velocemente da superare la fantasia degli autori. Come sempre, la distopia racconta il futuro attraverso il presente e negli anni a cavallo tra la fine del 1800 e i primi due decenni del 1900 il Giappone ha conosciuto uno sviluppo tecnologico che lo ha portato dal medioevo in cui si era rinchiuso durante il periodo Edo (1603-1867) alle meraviglie del mondo moderno di allora.

Un salto in avanti

In una manciata di anni i giapponsei hanno scoperto cose che nemmeno potevano immaginare e questo, forse, ha contribuito a far crescere la loro capacità di immaginare mondi lontani, fantastici e spesso terribli. Una situaizone che, superati gli anni della ricostruzione del dopoguerra , ha visto la distopia e gli echi del loro passato crescere nella visione collettiva del futuro e delle paure.

Il ricordo, indelebile anche ai giorni nostri, della distruzione causata dagli attacchi atomici a Hiroshima e Nagasaki nel 1945 cresce e prende forma per raccontare gli orrori della bomba e i suoi effetti a lungo termine.

E la paura, l’ammonimento a non commettere più lo stesso errore, non prolifera solamente nelle opere più “serie” e che fanno riferimento diretto agli eventi storici, come ad esempio Hadashi no Gen di Keiji Nakazawa, ma arriva anche nelle opere “più leggere” e lo fa con riferimenti indiretti ma pur sempre riconducibili ai fantasmi del passato nipponico.

Il militarismo soverchiante, civiltà dominatrici che volgiono spazzare via la cultura e la libertà e ovviamente armi distruttive in grado di spazzare via la vita. Topoi distopici forti, che emergono da opere come UFO Robo Grendizer (1975), Time Bokan Series (1976), Macross (1982-83), Neon Genesis Evangelion (1995) o Jin-Roh (1999) e che negli anni vengono affiancate anche da altri spunti di riflessione molto importanti come la catastrofe ambientale e le mutazioni come in Akira (1982), Gunnm (1990), o La Principessa Mononoke (1997) di Hayao Miyazaki.

Distopia per tutti

Ovviamente lo sviluppo delle storie non si è fermato a quegli eventi traumatici, ma ha continuato e lo ha fatto portando in scena futuri sempre più vicini al nostro presente. Racconti pregni di paura, in cui la violenza diventa spettacolo per ammansire la folla, in cui la tecnologia prende il sopravvento sulla nostra umanità come in Battle Royale (1999), in Ghost in the shell (1989) o in Pluto (2003).

Opere fondamentali e che differiscono dalle controparti occidentali per un dettaglio fondamentale: non sono dedicate a un pubblico di appasisonati, sono state prodotte per essere distribuite a tutti, grandi e bambini. Una differenza apparentemente sminutiva, per alcuni, ma che per me rappresenta un vero plus in quanto riesce a portare il messaggio di ammonimento insito nella distopia all’attenzione di chiunque voglia ascoltare.

Il futuro è di tutti e sta a tutti impegnarsi per evitare di cadere negli errori, o negli orrori, che il nostro presente richia di creare seguendo strade sbagliate.

A presto.

Delos

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