Recensione Parigi nel XX secolo di Jules Verne

TRAMA E RECENSIONE DI PARIGI NEL VENTESIMO SECOLO

È un romanzo distopico, una ucronia semplice ma efficace, forse non è l’opera migliore di Verne ma sicuramente una lettura che prende, soprattutto se conoscete un po’ Parigi.
Il romanzo stesso ha una storia interessante, scritto nel 1863 quindi dopo il grande successo di Cinque settimane in pallone che ha presentato Verne al pubblico come un eccellente scrittore di avventure, il suo editore e mentore Pierre-Jules Hetzel si rifiuta di pubblicarlo perché troppo lontano dall’immagine di scrittore leggero che Verne si stava costruendo. Gli consiglia di aspettare almeno vent’anni prima di darlo alle stampe. Così Verne chiude il manoscritto in una cassaforte e se ne dimentica.
Quasi un secolo dopo la sua morte il nipote ritrova casualmente la chiave di quella cassaforte e ne trae il manoscritto che viene pubblicato in Francia solo nel 1994.

Ciò che emerge immediatamente dal romanzo è la forza critica che traspare dalla descrizione della Parigi del XX secolo. Siamo dunque in un futuro che per noi è già passato, il 1960, il protagonista Michel Jéròme Dufrénoy, un giovane che coltiva il sogno di diventare poeta, vede tute le sua speranze frustrate perché ormai la società è interamente votata all’economia, all’industria, al denaro.


Le opere dei grandi autori del passato sono ormai introvabili, l’arte in generale è diventata inutile, oppure, come nel caso del teatro, si è trasformata in una istituzione pubblica anch’essa di impianto industriale. La musica è inascoltabile, e qui Verne sembra descrivere la dodecafonia con ampio anticipo sulla realtà, l’arte è concettuale, i costumi sono decaduti, le donne mascolinizzate. Dominano le macchine, Verne preconizza strumenti automatici per far di conto, comunicazioni a distanza, automobili a gas, metropolitane sospese. Un vero trionfo delle tecnica.
Ma la miseria è sempre alle porte, il poeta non riesce a far pubblicare la sua opera, la ragazza di cui è innamorata scompare perché sfrattata dal suo appartamento.
Lunghe descrizioni di una Parigi che ha conservato l’aspetto ottocentesco ma introducendovi elementi nuovi, accompagnano il lettore tra strade dominate dall’elettricità.


Michel, il protagonista, appare incapace di adattarsi ai tempi. Fallisce nel lavoro presso la banca Casmodage, qui viene assegnato alla contabilità generale, dove familiarizza con il contabile, il signor Quinsonnas che ha le stesse inquietudini di Michel. Questi gli confessa di lavorare a un misterioso progetto musicale che dovrebbe portargli fama e fortuna. I due fanno visita allo zio Huguenin, al quale si aggiungono l’ex insegnante di Michel, il signor Richelot, e la sua giovane nipote, Lucy della quale Michel si innamora all’istante.


Al termine del 1961, l’Europa entra in un inverno senza precedenti. Tutta l’agricoltura è colpita e le scorte alimentari distrutte, con conseguente carestia diffusa. La temperatura scende di trenta gradi e tutti i fiumi d’Europa si ghiacciano. Disperato, Michel spende i pochi soldi che gli sono rimasti per comprare a Lucy delle violette, solo per scoprire che la ragazza è scomparsa dal suo appartamento, sfrattata quando suo nonno ha perso il lavoro come ultimo professore di retorica dell’università. Non riesce a trovarla tra le migliaia di persone affamate di Parigi. Passa l’intera serata a vagare come un pazzo per la città. Michel è convinto di essere perseguitato dal demone dell’elettricità, al quale non riesce a sfuggire.
Alla fine della storia, Michel, disperato, vaga tra le meraviglie elettriche, meccanizzate e ghiacciate di Parigi. Fino a che al culmine della disperazione, il giovane si ritrova inconsapevolmente in un vecchio cimitero dove, in stato comatoso, crolla nella neve.

Anche se i personaggi non sono particolarmente sviluppati, e la storia appare un po’ inconclusa, resta il fatto che Parigi nel XX secolo si mostra come un esempio interessante di una proiezione verso il futuro che ha in sé come nelle migliori distopie un elemento critico rispetto al presente dello scrittore. E soprattutto credo sia importante per il lettore di oggi sapere che l’autore di opere come Viaggio al centro della Terra (1864), Dalla Terra alla Luna (1865) o Ventimila leghe sotto i mari (1869), aveva già scritto, anche se non pubblicato, una delle più drammatiche previsioni intorno al XX secolo.

STEFANO ZAMPIERI

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