Recensione de La sindrome di Olbers di Luca Ray Bianchi

La sindrome di Olbers di Luca Ray Bianchi e il secondo libro che leggo dalla neonata 256 Edizioni dopo J-Card di Laura Scaramozzino.

La sindrome di Olbers Luca Ray Bianchi

Sono affascinata dal coraggio di questa piccola casa editrice friulana che è tornata a pubblicare quelle che vengono chiamate “novelette”, dicesi anche racconti lunghi o romanzi brevi. Genere bistrattato ed etichettato come non commerciale nonostante parte della letteratura italiana si basi proprio su queste tipo di prodotto narrativo.

Ma veniamo a La sindrome di Olbers…

Trama

Siamo nel 2062 e Argo è uno studente brillante e presuntuoso che vive sull’isola di Malta, in un appartamento al limite della decenza.

Il suo sogno è sempre stato quello di andare sulla Luna e la sua università potrebbe realizzarlo, purché lui riesca ad accudire una lunare adolescente per un paio di settimane, Talitha.

La loro convivenza, tra aspri litigi, drastiche divergenze d’opinione e viaggi interplanetari, porterà entrambi a rendersi conto dell’interpretazione limitata che hanno della vita.

Recensione

L’idea di questo romanzo mi è piaciuta non appena ho letto la trama: una giovane lunare che viene sulla Terra per un periodo di risanamento e non ammalarsi della sindrome di Olbers e questo studente, ambizioso e spocchioso, che deve prendersene cura per poter diventare tirocinante con i “volteggiaori” nella stazione lunare Alta Uruk.

Ricercatori, astronauti e veri e propri sceriffi spaziali, i volteggiatori rappresentano la migliore prospettiva di carriera per gli studenti della EAE, oltre a essere le superstar del mondo scientifico del ventunesimo secolo.
La sindrome di Olbers è uno stato psicologico e fisico che si manifesta in chi trascorre lunghi periodi di tempo lontano dalla Terra.

Non sembra anche a voi una premessa molto interessante?

Già, però, lo sviluppo che l’autore dà all’intera vicenda mi ha lasciata abbastanza interdetta.

Innanzitutto, ci sono personaggi che risultano pressoché inutili, lunghi e ripetitivi monologhi, qualche volo pindarico un po’ slegato dal resto della narrazione che dà l’idea di un pizzico di autocompiacimento autoriale…

Davanti all’immensità del vuoto marittimo – così simile a quello siderale – ho l’impressione che le parole perdano significato. Nettuno ci strappa dai bastimenti che abbiamo costruito sulla nostra superbia e ci lascia a naufragare nudi nell’oceano, alla ricerca di un approdo su cui ormeggiare le nostre confessioni. Ci lascia lì come Nessuno, senza alleati contro il ciclopico presente. Il che, d’altra parte, è molto appropriato.

Inoltre i cambi di registro nel testo, incoerenti tra loro, spezzano il ritmo e mi hanno fortemente disorientata.

Luminosa, azzurra, appesa sul manto nero dell’universo come uno scintillante festone natalizio. La mia Terra. Piccola. Luccicante. Un’insignificante moneta di rame. 
Mi siedo, ridacchiando per la fatica.

È proprio la perdita della direzione narrativa ad avermi disturbata di più perché il messaggio che l’autore voleva trasmettere era importante, condivisibile e fortemente attuale.

Ed è per questo che sono comunque a consigliare la lettura de La sindrome di Olbers. Perché è un libro che fa riflettere sul valore del nostro pianeta, sul sacrificio di molti per la sopravvivenza di pochi, sull’importanza delle piccole cose, sull’unicità della nostra coscienza e sull’assoluta necessità di crearne una di collettiva.

Luca Ray Bianchi dimostra comunque una notevole capacità di creare mondi e situazioni originali, e sono curiosa di vedere come si svilupperà ulteriormente il suo stile nei suoi futuri lavori.

Debora Donadel

La sindrome di Olbers di Luca Ray Bianchi, pubblicato da 256 Edizioni il 9 maggio 2024, 144 pagine

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