Recensione Semuren di Francesco Vietti

TRAMA DI SEMUREN

Semuren, ‘uomini dagli occhi colorati’, così vengono chiamati con disprezzo gli italiani immigrati in Cina. Nel ghetto di Hak Nam, all’interno della Città Murata di Kowloon, i clandestini cercano di sfuggire a odio e violenza. Nei suoi anfratti privi di luce, tra i tanti vive anche Francesco, scappato dall’Italia prima dell’esplosione della guerra civile, con la sua dolorosa storia, comune a tutti i miserabili che cercano altrove una speranza di vita. Ed è proprio nell’Italia sull’orlo del disastro che viene inviato Shen Fu, giornalista di un importante quotidiano cinese, per un viaggio che lo costringerà a ricordare un passato che credeva di aver rimosso per sempre. Esplorando questo futuro possibile, Francesco Vietti non si chiede cosa succederebbe se a emigrare in massa fossero gli italiani, ma racconta cosa ci attende quando questo accadrà.

RECENSIONE DI SEMUREN


Francesco Vietti è un antropologo, docente dell’università di Torino, autore di saggi e di libri di viaggio, si cimenta ora in questo romanzo con la fantascienza in versione distopica.


Va detto che, a mio avviso, la ricostruzione d’ambiente è davvero molto potente: un’Italia devastata dalla guerra civile e segnata da una immigrazione massiccia, una Cina diventata prima potenza mondiale, obiettivo della migrazione globale, una città, in Cina, Kowloon, ghetto di immigrati, insieme alveare, luogo invivibile.


Come si comprende anche da queste prime osservazioni, Il romanzo è diviso in due parti e due storie attraverso capitoli che si alternano. Da una parte Francesco forse l’alter Ego dell’autore, l’antropologo italiano che cerca fortuna emigrando in Cina attraverso un lungo e pericoloso viaggio in furgone attraverso Albania e poi Moldavia e poi in aereo verso la Cina e la città maledetta degli immigrati. Ma perché gli italiani emigrano? la risposta a questa domanda non appare molto chiara e fra le argomentazioni ne appare una davvero poco credibile: “Per mancanza di amore” (pagina 98) affermazione davvero sorprendente da parte di un antropologo di professione.


Dall’altra parte, il secondo protagonista è un giornalista cinese Shen Fu, che si reca in Italia per studiare il fenomeno dell’emigrazione degli italiani verso la Cina. La svolta narrativa delle due storie avviene quando in Italia scoppia la guerra civile e Shen Fu è costretto a fuggire. Mentre in Cina le autorità decidono di abbattere Kowloon,la città degli immigrati.
A margine una storia riguarda gli occhi dei cinesi che si fanno operare per avere dei begli occhi neri, e gli immigrati che invece si riconoscono proprio per il colore degli occhi e vengono chiamati Semuren (uomini dagli occhi colorati) di qui il titolo del romanzo.

Come lettore osservo che l’alternarsi delle storie e l’intrecciarsi dei piani temporali produce spesso una certa confusione, in generale le scelte e le motivazioni dei protagonisti appaiono non sempre perfettamente giustificate. Talvolta si ha l’impressione di leggere due romanzi artificialmente suturati insieme senza un legame logico che li renda necessari. Ma il difetto più grande, al mio modesto parere, al di là dell’ottima costruzione d’ambiente, sta proprio nell’idea centrale di un mondo dominato dalla Cina, idea che appare un po’ ingenua e certamente poco motivata, forse è l’incubo di Trump e di Salvini più che una proiezione distopica del nostro presente.


Da segnalare che il libro possiede una interessante espansione online dove l’autore rende noti i materiali che hanno portato alla scrittura del romanzo, le recensioni, le occasioni di presentazione eccetera e infine faccio notare come risulti sicuramente molto efficace la descrizione del dramma della migrazione, che ricorda, ovviamente, la realtà attuale di questo drammatico fenomeno.
Indirizzo dell’espansione on line : https://gliuominidagliocchicolorati.blogspot.com/

STEFANO ZAMPIERI

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