Recensione Il pianeta del silenzio di Stanislaw Lem


Bellissimo romanzo, anche se caratterizzato da un salto narrativo molto evidente tra la prima e la seconda parte, un salto poco giustificato, quasi che si trattasse di due romanzi messi insieme un po’ alla meglio. Nel complesso il testo risulta di lettura talvolta faticosa soprattutto quando si dilunga, e accade spesso, in ipotesi e ragionamenti, sempre molto verosimili ma non altrettanto funzionali a uno scorrevole svolgimento della narrazione.
D’altra parte Lem può vantare una preparazione tecnica di alto livello e una conoscenza non superficiale della Teoria dei Giochi, e non esita a sfruttare queste conoscenze mettendo il lettore nella situazione di verificare il peso e la complessità di ogni decisione assunta dai protagonisti.

TRAMA E RECENSIONE DE IL PIANETA DEL SILENZIO
Nella prima parte ci troviamo su Titano, un satellite di Saturno, in una missione di soccorso. Tre uomini si sono persi mentre esploravano l’inospitale pianeta a bordo di un Diglas, cioè un grande automa meccanico del peso di 2000 tonnellate. Il protagonista, anch’egli servendosi dello stesso mezzo, constata la morte dei tre uomini in mezzo a delle stranissime concrezioni di sali di ammoniaca. Ma resta a sua volta coinvolto in un incidente e per salvarsi è costretto ad azionare il Vitrifax, una macchina che congela istantaneamente l’organismo racchiudendolo in un contenitore sicuro.


Dopo alcune centinaia di anni, il corpo congelato viene recuperato, e si decide di riportarlo in vita ma ciò è possibile solo servendosi degli organi degli altri tre corpi. Il protagonista si risveglia lentamente ma senza alcuna memoria. Le pagine del risveglio sono tra le più suggestive e originali del libro e ricordano, lo dico per i filosofi, il Trattato delle sensazioni di Condillac oppure la Fenomenologia dello Spirito di Hegel.
Al suo risveglio comunque il nostro protagonista, con la coscienza ridotta a una tabula rasa, non è in grado di stabilire la propria identità, né d’altra parte sono in grado i medici che lo hanno salvato, così si decide di assegnargli un nome a caso e allora diventa Mark Tempe.


Viene scelto per far parte di un equipaggio impegnato nel prendere contatto con una lontanissima civiltà della quale si sono captati alcuni segnali. Si tratta del pianeta Quinta.
Da questo punto si sviluppa la seconda parte del romanzo nel corso della quale l’equipaggio della navetta cerca di entrare nella limitata finestra di contatto con questa civiltà tecnologica aliena sfruttando i paradossi temporali di un buco nero.


Quinta è un pianeta azzurro circondato da un anello artificiale di ghiaccio probabilmente creato per ridurre gli oceani e aumentare la superficie asciutta, ma al contempo è evidente che il progetto è stato interrotto da qualche evento interno, probabilmente una guerra.


Il tentativo di atterrare sul pianeta per prendere contatto fallisce perché gli alieni attaccano la sonda. Tuttavia non si vede anima viva sulla superficie del pianeta. Ha inizio dunque un lungo dibattito su come contattare i quintani e convincerli delle buone intenzioni della missione, ma ci si rende conto che il pianeta si trova alla fine di una drammatica escalation di guerra interna e di corsa agli armamenti. La missione si trova così coinvolta suo malgrado in un conflitto aperto. Ma dopo aver distrutto la luna di Quinta costringono i quintani ad accettare il contatto. Tempe, il protagonista iniziale, viene fatto scendere dunque sul pianeta. E finalmente potrà vedere gli alieni che però appariranno del tutto diversi da ogni forma immaginabile.

Il testo, secondo me, è ricco di fascino e, anche se molto lungo, oltre quattrocento fitte pagine, è assai coinvolgente. Soprattutto se non ci si lascia spaventare dalle lunghissimo disquisizioni per esempio intorno alla questione assai complessa del contatto con gli alieni, che pone grossi interrogativi sia pratici che di natura etica. C’è in controluce anche una mozione critica. Il pianeta Quinta ricorda infatti la nostra Terra dilaniata da guerre intestine e impegnata ancor oggi in una folle corsa agli armamenti che non può che avere conseguenze nefaste. Da questo punto di vista il romanzo, che è stato pubblicato nel 1986, sembra scritto oggi.
Se avete tempo e pazienza e interesse per le questioni che riguardano il futuro del nostro pianeta allora vi consiglio una lettura attenta di questo capolavoro.

STEFANO ZAMPIERI

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