Approda in Italia per merito della Carbonio Editore e con traduzione curata da Viola di Grado – autrice italiana nota nel panorama letterario nostrano grazie a testi quali “Settanta acrilico trenta lana” e “Cuore cavo” – Clarissa Goenawan, scrittrice singaporiana, con il suo romanzo d’esordio “Rainbirds”.
TRAMA
Ren Ishida è molto affezionato a sua sorella Keiko; sono stati sempre uniti fin dall’infanzia, finché un giorno, improvvisamente, lei è partita. Ha lasciato Tokyo per trasferirsi in provincia, nella cittadina di Akakawa. Anni dopo, Ken sta per laurearsi quando riceve una terribile notizia: sua sorella è morta, accoltellata per strada in una notte di pioggia mentre tornava a casa. Assalito dai ricordi che lo perseguitano in una Tokyo straniante e malinconica, Ren parte per Akakawa, deciso a ripercorrere la vita di sua sorella, prendendo il suo posto nella scuola dove Keiko insegnava e nella casa dove accudiva la moglie catatonica di un ricco politico. In quella dimora cupa, avvolta in un silenzio spettrale, Ren comincia a sospettare che Keiko Ishida nascondesse segreti inconfessabili. Sulla scia di autori cult come Banana Yoshimoto e Haruki Murakami, Clarissa Goenawan tesse con maestria un romanzo ambientato in un Giappone che incanta, sospeso in una modernità immobile e imperscrutabile. Un thriller psicologico seducente dalla scrittura lieve e cristallina, capace di scavare nelle emozioni più recondite.
RECENSIONE
Il punto di partenza di quest’opera surreale ti catapulta fin da subito nel pieno della vicenda: alla morte violenta di Keiko Ishida, sorella di Ren Ishida, quest’ultimo si reca ad Akakawa per riconoscerne il cadavere e recuperare le sue cose, allo stesso tempo, inizia a rinvangare il passato, soffermandosi su ricordi che conserva gelosamente nel cuore e, comprensibilmente impantanato nel dolore, desidera scoprire cosa sia accaduto all’amata sorella.
Sulla trama meglio non aggiungere altro, poiché potrei inavvertitamente rovinare tutta la serie di svolte improvvise su cui il romanzo si impernia.
Sorge spontaneo il paragone con Haruki Murakami per l’atmosfera onirica che vi si respira, ma c’è una frase tratta dal romanzo “La ragazza dello Sputnik” che calza a pennello per la storia presentataci:
Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente.
Goenawan propugna una scrittura che privilegia sprazzi di surrealismo da alternare per rompere la prosaicità del quotidiano. Sogni, ricordi e realtà si mescolano.
“Rainbirds” è un romanzo psicologico-immaginifico che non ha il ritmo frenetico del thriller, ma in cui vengono impiegati alcuni stilemi del genere mistery, il linguaggio designato è abbastanza colloquiale poiché la narrazione si focalizza sul protagonista e già da questo risulta evidente un accurato lavoro introspettivo.
A farla da padrone è uno sviluppo in verticale di amore fraterno, fragilità dei sentimenti, ma anche equilibri e squilibri affettivi, tingendo una realtà desolata costituita da famiglie disfunzionali.
L’autrice – con pochi ma calibrati accorgimenti – esplora la personale elaborazione del lutto attraverso delle fasi cruciali, tuttavia non trovo condivisibile l’importante decisione presa dal protagonista quando il mistero otterrà la sua soluzione. Scelta che, ai miei occhi, lo rende un personaggio controverso.
La ricerca della verità diventa anche quella della propria identità. Il lettore avverte, assieme a Ren, un senso pregnante di nostalgia inespressa che unitamente a morte e dolore aleggiano spesso nelle opere nipponiche.
“Rainbirds” è una storia sofferta di cui Clarissa Goenawan si avvale per scavare, con una prosa agile ed evocativa, nelle zone d’ombra dell’animo umano; ci parla dell’amore anche quando si veste della forza distruttiva della gelosia e dell’ossessione.
L’amore arriva quando meno te lo aspetti. Ecco perché in inglese si dice ‘cadere nell’amore’. Non si può imparare a cadere, né si può pianificare di farlo. Capita di cadere e basta.
L’amore ti cattura come una pianta carnivora, in una frazione di secondo. Non c’è spazio per pensare, tanto meno per reagire. Quando ti rendi conto di ciò che è successo, capisci che non c’è modo di scappare. Sei già caduto troppo in profondità.
Elisa R