Good Morning Distopic Group!
Anzi, Guten Morgen dato che sto per catapultarvi a Berlino! 😉
Ebbene sì, perché l’Ospite di cui vi parlerò oggi riassumendo l’intervista che ha avuto luogo nel nostro Gruppo è Marco Magnone, autore insieme a Fabio Geda della serie Distopica per ragazzi (ma non solo) Berlin!
Ma conosciamo subito meglio questo bravissimo autore.
Marco Magnone è nato nel 1981 ad Asti. Le storie le ha sempre amate in ogni forma: libri, fumetti, cinema, serie Tv, videogiochi. Berlino invece l’ha scoperta grazie al progetto Erasmus, ed è stato un colpo di fulmine. Dopo l’università ha iniziato a lavorare nell’editoria e a pubblicare reportage e diari di viaggio. Questa è la sua prima opera di narrativa.
La serie Berlin è composta in tutto da sei volumi. Al momento sono stati pubblicati i primi cinque, più una bellissima raccolta dei primi tre romanzi con contenuti extra davvero stupendi (li ho visti con i miei occhi 😉 ).
Per farvi conoscere meglio la saga, senza però rovinarvi le sorprese che troverete lungo la lettura, vi presento giusto il primo romanzo: BERLIN – I FUOCHI DI TEGEL.
TRAMA:
È l’aprile 1978: sono passati tre anni da quando un misterioso virus ha decimato uno dopo l’altro tutti gli adulti di Berlino. In una città spettrale e decadente, gli unici superstiti sono i ragazzi e le ragazze divisi in gruppi rivali, che ogni giorno lottano per sopravvivere con un’unica certezza: dopo i sedici anni, quando meno se lo aspettano, il virus ucciderà anche loro.
Tutto cambia quando qualcuno rapisce il piccolo Theo e lo porta via dall’isola dove viveva con Christa e le ragazze dell’Havel.
Per salvare il bambino, Christa ha bisogno dell’aiuto di Jakob e dei suoi compagni di Gropiusstadt: insieme dovranno attraversare una Berlino fantasma fino all’aeroporto di Tegel, covo del più violento gruppo della città. Là, i fuochi che salgono nella notte confondono le luci con le ombre, il bene con il male, la vita con la morte.
E quando sorgerà l’alba del nuovo giorno, Jakob e Christa non saranno più gli stessi.
«Tutto l’amore che vorremmo lasciare sulla terra, dietro di noi, prima di morire, è difficile chiuderlo dentro delle parole.»
Io al momento sono impegnata con la lettura del quinto romanzo, perciò sappiate che presto vi farò sapere la mia opinione a riguardo 😉
Nel frattempo se volete, potete scoprire come sono entrata in possesso del quinto romanzo “Berlin – Il richiamo dell’Havel” 😉
Ma torniamo all’intervista e alle splendide risposte che Marco ci ha regalato.
- Marco rompo subito il ghiaccio chiedendoti come nasce l’idea di Berlin?
- Alla base di Berlin c’è la voglia di raccontare una storia universale, quella di un mondo senza adulti, in cui i ragazzi sono costretti a crescere prima del tempo. Confrontandosi con le sfide che li attendono riveleranno così la loro vera natura. È l’idea del Signore delle Mosche, ma noi abbiamo portato l’isola dove si svolge dal mezzo dell’oceano al cuore delll’Europa.
- Qual è il personaggio che preferisci della serie Berlin e perché?
- Guarda, è molto dura, perché in ognuno c’è un pezzetto di me, ed è un po’ come scegliere tra i figli il tuo preferito. Però, dopo cinque libri posso dire che i personaggi che mi hanno divertito di più (e non anticipo se sono ancora vivi o no ;-)) sono Timo e Wolfrun. Perché? Perché…
- Ci parli di questa mappa?
- Questa è la “nostra” Berlino ovest all’inizio della saga. Una città fantasma, in cui tutti gli adulti sono morti, e con loro non c’è più energia elettrica, acqua, riscaldamento, nulla. I ragazzi per sopravvivere sono stati costretti a riunirsi in gruppi, per darsi una mano a vicenda, per difendere le provviste e i medicinali dagli altri, per provare a organizzarsi. Ogni gruppo perciò è una piccola comunità con regole tutte sue.Ci sono i “democratici” di Gropiusstadt, che stanno nei palazzoni dell’omonimo quartiere popolare e cercano di non perdere quanto di buono c’era nel mondo dei grandi.Ci sono i ragazzi del Reichstag, rifugiatisi nella vecchia sede del potere tedesco, per loro l’unica legge è quella del più forte.Vicino a loro stanno quelli dello Zoo, che sono degli allegri anarchici, senza capi né particolari regole.
A nord invece, il gruppo più dark: nell’aeroporto di Tegel si sono raggruppati ragazzi e ragazze che non credono più in nulla, perché nulla conta tranne il presente, da godere senza freni.
Fuori Berlino infine, su un’isoletta nel fiume Havel si sono rifugiate alcune ragazze, per scappare alle inevitabili violenze scoppiate in città una volta caduta la società a cui tutti erano abituati. - Tre buoni motivi per leggere Berlin?
- Racconta di una montagna di conflitti di ogni tipo, ma quelli più grossi sono dentro i protagonisti.Per una volta una saga distopica non è ambientata negli Stati Uniti e neanche in Inghilterra, ma nell’Europa continentale.Ma pur essendo ambientata nel passato, in un posto particolarissimo e unico come Berlino ovest negli Anni Settanta, racconta delle grandi sfide comuni a ogni adolescente di ogni tempo e luogo.
- Come hai conosciuto Fabio Geda?
- Era il 2008. Dopo esser tornato da Berlino ho fatto uno stage presso Instar Libri, l’editore indipendente torinese per il quale Fabio ha pubblicato i suoi due primi romanzi. In pratica l’ho conosciuto servendogli i salatini alla festa di Natale :-)Da lì poi ci è capitato di rincontrarci spesso, lavorando nella stessa città e nello stesso settore, e di scoprire una certa affinità di gusti, che ci ha portato alla voglia di lavorare insieme!
- Com’è scrivere in due? Come vi siete organizzati? E’ più facile o più difficile, è più divertente o stressante? Erika Z.
- È molto molto divertente, perché permette di fare una cosa che di solito con la scrittura non è possibile: avere qualcuno con cui confrontarsi, discutere, far rimbalzare le idee. Di solito la scrittura è un’attività molto solitaria, in cui ci sei tu, la pagina bianca davanti a te, e nessun altro che ti può aiutare. Quando scrivi tendi a dimenticare anche tutto quello che ti sta intorno, per immergerti nel mondo a cui stai dando forma. È molto bello, ma vuol anche dire che se ti blocchi, se arrivi a un punto in cui qualcosa non ti torna, non c’è nessuno a darti una mano. Scrivere a quattro mani invece da questo punto di vista ci ha risolto un bel po’ di problemi. Perché insieme studiamo tutto quello che accade in ogni libro e poi a turno, una volta io una lui, scriviamo la prima stesura di uno dei romanzi. Che poi passiamo all’altro per tagli, aggiunte, modifiche, e così via finché entrambi non siamo soddisfatti.C’è anche da dire che, nel caso di Berlin, fin dall’inizio volevamo scrivere una saga che avesse una frequenza nella pubblicazione dei diversi volumi il più serrata possibile, un po’ come accade per esempio nei fumetti, in modo da non far calare la tensione e l’attenzione dei lettori. Quindi, un libro ogni sei mesi: tempi strettissimi, da tenere costanti per due-tre anni. Per un autore solo sarebbe stata davvero dura!
- Hai altri progetti in cantiere oltre alla serie Berlin? Elisa R.
- In tutto Berlin sarà composto da sei volumi. Come sapete il quinto uscirà tra poche settimane, mentre siamo al lavoro sull’ultimo, previsto per la prossima primavera/estate. Una volta chiusa la serie – e fatta una gran bella vacanza – di certo continuerò a scrivere storie di ragazzi e per ragazzi, perché l’emozione che mi hanno dato come lettori è stata davvero fantastica e sarebbe un peccato disperdere questo capitale. Insieme a Fabio abbiamo già iniziato a pensare a qualcos’altro insieme, e allo stesso tempo ci sarà tempo e modo per fare qualcosa da “solista”. Al momento però sono solo appunti nei nostri quadernetti, visto che c’è da dare tutto per chiudere Berlin al meglio delle nostre possibilità.
- Quando leggo un buon romanzo distopico finisco per sentirmi un po’ paranoica. Tu che li scrivi come ti senti? Daisy F.
- Ti capisco benissimo! Perché i buoni romanzi distopici ingigantiscono situazioni, aspetti, elementi che fanno parte del mondo in cui viviamo, che magari già conosciamo ma di cui per mille mila motivi tendiamo a sottostimare le possibili conseguenze. Le distopie invece ci obbligano a guardare il fenomeno in questione dritto in faccia, catapultandoci attraverso il meccanismo dell’empatia nel cuore di quelle vicende al posto dei protagonisti. Così, quando finiamo il libro, ci sembra che tutto quello che riguarda l’aspetto da cui era nato sia fondamentale e sbuchi fuori in qualche modo da ogni tombino. Un po’ come, a proposito di tombini, ecco, dopo che hai letto IT o guadato il film, ti sfido a sbirciare in qualche fognatura… Eppure le fognature ci sono sempre state no? Secondo me questo è lo straordinario potere delle storie: renderci più attenti, sensibili, a tutto quello che ci sta attorno.
- Ci racconti della tua esperienza editoriale con la Mondadori?
- Volentieri! Io prima di Berlin avevo solo pubblicato per editori indipendenti e locali, quindi all’inizio è stato un bello shock, perché era tutto nuovo, diverso, più grande e più veloce. Mondadori poi, fin dalla prima riunione che abbiamo fatto, ha dimostrato di credere molto nel nostro progetto, e questo ha ovviamente aggiunto ansia ad ansia :-)Poi però piano piano mi sono abituato, e ho capito che eravamo tutti lì per fare ognuno il proprio lavoro, così mi sono concentrato sulla mia parte, cercando di farla al meglio. Quello che mi ha stupito in positivo è l’empatia che si è creata immediatamente con il nostro editor, Alessandro Gelso, che ci ha seguito e consigliato in ogni fase del lavoro, non solo quello strettamente redazionale, ma anche in fase creativa. E poi collaborare con il reparto grafico è stato davvero divertente, e per me una novità assoluta: le risorse messe a disposizione mi sembravano incredibili. Oltre all’art director che coordinava tutto abbiamo incontrato un fotografo pronto ad andare a Berlino apposta per fare degli scatti da rielaborare per gli sfondi, poi c’era il responsabile del casting per individuare gli attori che avrebbero interpretato Jakob e Christa nelle varie copertine, poi il grafico che ha disegnato il simbolo della saga, la rosa che brucia… Wow! Altrettanto strano era pensare che ci fosse un ufficio stampa dedicato a noi e a ogni nostro incontro, sia nelle scuole che la sera che nei festival o negli eventi di settore. Qualcuno che si occupava di organizzarci i viaggi, ci pianificava le presentazioni, ci metteva in contatto con i relatori, ci aiutava nel rapporto con gli insegnanti. Nei due anni da quando è uscito il primo volume abbiamo incontrato migliaia di ragazzi in tutta Italia. In particolare ogni primavera dedichiamo otto settimane no stop (tra febbraio e aprile) a fare incontri con le medie e le superiori, tornando a casa solo qualche weekend giusto per buttare i vestiti in lavatrice. E in più stiamo partecipando a diversi festival, dal Salone del Libro di Torino al Festivaletteratura di Mantova, da Romics a Roma a Tuttestorie a Cagliari, da Mare di Libri a Rimini alla Fiera di Bologna o ancora a Lucca Comics. Ecco, gestire tutta questa valanga di incontri da soli sarebbe impossibile!Tornando però al rapporto con la redazione, spesso si dice che gli editori, grandi o piccoli, impongano certe scelte agli autori, limitino la loro libertà, annacquino certi conflitti o scene per paura di chissà cosa. Personalmente anch’io temevo un po’ questo scenario, ma devo dire che non c’è mai stato nulla del genere, e dire che noi tocchiamo temi belli spinosi, che per anni nella letteratura per ragazzi sono stati considerati tabù: la morte, la violenza, la politica, anche il sesso. Il punto, credo, è che ai ragazzi non vada nascosta la complessità del mondo, anzi che vadano accompagnati nella sua scoperta. Il punto è come farlo, perché l’adolescenza è un momento di passaggio, estremamente delicato, in cui nulla va banalizzato o dato per scontato. E in questo ringrazio davvero il nostro editore per esserci sempre stato a fianco in quest’avventura.
- Quanto hai ancora in comune con questo bambino sorridente?
- A parte la chioma fluente, direi che siamo ancora lì. Prima di tutto perché ho la fortuna di potermi dedicare a tempo pieno a qualcosa che farei comunque solo per piacere personale nei ritagli di tempo anche se la mia professione fosse un’altra. E poi perché da quando mi sono tuffato nel mondo della letteratura per ragazzi sempre più sovente mi capita di rievocare proprio quel ragazzetto lì, per far riaffiorare il modo con cui guardava al mondo, quali erano i suoi sogni, quali le paure.
Be’, a giudicare dal Selfie che gli abbiamo estorto con la forza (non è vero 🙂 ) durante l’intervista… direi che lo spirito che gli illumina gli occhi è sempre lo stesso 😉
Distopiciuzzoli del mio cuore, che altro dire se non… LEGGETE QUESTA BELLISSIMA SERIE!
Se volete conoscere meglio la Saga Berlin, questo sito è il posto che fa per voi.
Ci sono davvero moltissimi contenuti interessanti (quotidiani “autentici” riguardanti gli avvenimenti accaduti a Berlino all’origine della storia, diari scritti a mano dai personaggi, e altre chicche che non vi sto ad anticipare).
Io non posso che ringraziare Marco per la sua infinita disponibilità e per avermi regalato la possibilità di conoscerlo e abbracciarlo personalmente (qui vi rimando sul mio blog per capire di cosa sto parlando).
Carissimi… alla prossima!
Bye Bye
4 Replies to “Mysterious Writer #7: Marco Magnone”