Se cerchiamo il punto d’origine di quello che chiamiamo fantascienza dobbiamo arretrare al XIX secolo. Probabilmente il germe è da cercarsi nel Frankenstein di Mary Shelley, ma la consacrazione definitiva del genere è merito indiscusso di Jules Verne. Per questo rileggere oggi le sue opere è ancora una esperienza che merita la nostra fatica.
Di fronte al romanzo Dalla Terra alla Luna del 1865 per esempio, non possiamo non restare stupefatti: in realtà il romanzo dal punto di vista dell’intreccio narrativo è assai modesto, non accade quasi nulla. Buona parte del libro racconta con dovizia di particolari l’aspetto scientifico e tecnico di un progetto straordinario: mandare una capsula dalla Terra alla Luna. Il viaggio verso il nostro satellite ha da sempre affascinato scrittori e filosofi, dalla antica commedia greca (Aristofane o Luciano) passando per Dante, Ariosto, Keplero, Cyrano. Ma quello che distingue totalmente il romanzo di Verne è che esso pretende di fondarsi su dati scientifici. Non su semplici fantasie d’artista. È evidente lo studio che l’autore ha compiuto per analizzare la posizione esatta della Luna rispetto alla Terra, o la velocità necessaria per uscire dall’orbita terrestre, o la potenza del cannone che sparerà la capsula, ma anche le problematiche relative alla fusione del cannone o alla necessità di produrre ossigeno nella navicella, e assorbire anidride carbonica. Certo non sono sempre pagine facili, talvolta hanno un carattere didascalico e enciclopedico che le rende pesanti, ma non possiamo non meravigliarci di fronte alla capacità di Verne di affrontare questioni tanto complesse sulla base dei dati scientifici a sua disposizione in quel momento, e persino di suggerire soluzioni se non fattibili almeno verosimili.
TRAMA DALLA TERRA ALLA LUNA
Tutto è ambientato negli USA e ruota intorno al Gun Club, una associazione di artiglieri che discute di canoni e di guerre, presenti e future. Il presidente Barbicane ha un’idea rivoluzionaria: lanciare un proiettile sulla luna. Lo scopo non è chiarissimo, forse per stabilire un contatto con i possibili abitanti, forse solo per mostrare le straordinarie capacità della tecnica. Insomma, una esibizione di potenza.
All’inizio il proiettile doveva essere solo una palla vuota, ma poi su suggerimento di un coraggioso francese, Michel Ardan, personaggio ispirato fin nel nome al celebre fotografo Nadar, grande amico di Verne, il proiettile diventa un vera e propria navicella, a bordo della quale saliranno Barbicane, Ardan e il capitano Nicholl, scienziato costruttore di corazze.
L’enorme cannone viene costruito, si sceglie il fulmicotone come carica esplosiva e dopo lunghe discussioni tecniche finalmente si spara il proiettile verso la Luna. Dalla Terra però non si riuscirà a seguirne il tragitto. Qui si chiude il romanzo, lasciando il lettore incerto sull’esito finale del progetto.
La storia verrà ripresa e conclusa da Verne qualche anno dopo nel seguito Intorno alla Luna (1870).
Come si accennava l’elemento più significativo del romanzo è la passione per la Scienza e la Tecnica che l’Autore riversa nelle sue pagine, anche a costo di sottoporci ad articolate spiegazioni intorno al calcoli dell’orbita, alla fusione dei metalli, alle tecniche degli esplosivi e via dicendo.
La Scienza e la Tecnica sono le vere protagoniste dell’opera, e forse quando pensiamo al naturalismo francese e al suo manifesto, il saggio di Zola Il Romanzo sperimentale (1880), dovremmo ricordare che alle sue spalle non vi è soltanto il Positivismo ottocentesco ma anche le bizzarre avventure degli eroi di Verne che prendono sul serio la Scienza e la Tecnica e le affidano un ruolo da protagoniste sulla scena letteraria.
STEFANO ZAMPIERI