L’ultima cosa che avrei pensato quando ho preso in prestito Sogno bianco di Gabriele Romagnoli in biblioteca è che avrei potuto recensirlo qui su LDFO!
E invece…
Trama
Sogno bianco è la storia di tre Andrea Dorman, stesso nome ma soprattutto stesso destino che lega tutti e tre al ghiacciaio M.
Il primo Andrea combatte, sul ghiacciaio, nel 1917. Con la sua Maria nel cuore, chiuso in una roccaforte costruita nella pancia del monte, fa i conti con il terribile prezzo della guerra.
Il secondo Andrea, nipote del soldato, è un maestro di sci solitario che, alla fine degli anni Ottanta vive come una guerra l’assedio turistico che ha cambiato faccia alla montagna: gli impianti, la faraonica funivia, famiglie e comitive che invadono le piste. Innamorato della donna sbagliata, prova a mandare giù il mito del progresso e i suoi effetti.
Effetti che vive sulla propria pelle l’ultima Andrea, l’unica donna, quella che sogna senza ricordare nulla: il sogno bianco, appunto.
La storia di quest’ultima è ambientata in un futuro molto vicino e, purtroppo, abbastanza plausibile. Quando, nel 2037, viene rilasciata dopo anni di reclusione per le sue attività ribelli a favore dell’ambiente, torna sulle montagne dove è nata. Non troverà nessuno ad attenderla, e di quello che sembrava dovesse essere un eterno ghiacciaio non resta che un rigagnolo, destinato ad asciugarsi in brevissimo tempo.
Recensione
Siccome dalle prossime considerazioni parrebbe che il libro non mi sia piaciuto premetto fin da subito che ho amato Sogno bianco, tantissimo.
Però qualche considerazione negativa non posso proprio fare a meno di farla.
Non chiamare le cose con il loro nome
In primis: anche Romagnoli non sfugge alla legge che impone di evitare accuratamente di definire un romanzo “di fantascienza” anche se lo è senza ombra di dubbio: la vicenda ambientata nel futuro è il fulcro dell’intera storia. Una previsione apocalittica tra l’altro fondata su dati scientifici noti.
Una saga familiare recita Amazon: vabbè possiamo dirlo di una buona fetta della letteratura fantascientifica no?
Mi ha infastidito inoltre non voler chiamare il ghiacciaio con il suo nome anche se poi in una nota in fondo al libro l’autore specifica chiaramente che il ghiacciaio M è quello della Marmolada. “Per potersi concedere alcune libertà narrative”, scrive.
Nella storia viene poi nominata una tempesta che è chiaramente il Vaia (si parla addirittura anche del bostrico e si riconoscono le zone narrate; ho parlato del Vaia e del bostrico anche in un fatto distopico proprio qui, se avete voglia di recuperarlo).
Per uscirsene con quella cosa del “Se una farfalla batte le ali in Oregon…” e compagnia bella, Romagnoli si inventa tutta una parte (intrecciata comunque con un’altra verità) e la chiama “Barbara”!
Sarà che quella zona la conosco abbastanza bene e che sulle funivie citate ci sono salita parecchie volte e ho riconosciuto molte delle vicende narrate e dei personaggi… ma, insomma, mi è sembrato tutto un esercizio inutile, ecco.
Incongruenze
Anche se farei meglio a dire che ce n’è una sola ma è grande come una casa ed è proprio alla fine per cui non la spoilero. Mi chiedo: possibile che uno scrittore e giornalista di questo livello non se ne sia reso conto? E che in una casa editrice seria e di questo livello nessuno l’abbia notata o, peggio ancora, non abbia avuto non so se la forza, l’autorità o il coraggio per porvi rimedio?
Ma allora, direte voi, com’è possibile che tu abbia amato così tanto questo romanzo?
Eh… Intanto perché lo stile e la classe della scrittura di Romagnoli c’è in ogni virgola. L’ho preso in prestito, ho detto, e non potendo né sottolineare, né evidenziare come di solito faccio con gli e-book, l’ho riempito di post-it e mi sono ricopiata interi passi nel mio quadernetto “Tratti da…” dove conservo quelle che considero delle perle di lettura (a mio gusto, ovviamente). Ma mi sa che finirò per comprarlo, un giorno o l’altro.
“Che cosa ci guida quando scegliamo da che parte metterci? Alla fine: l’estensione del dominio dell’amore. Fare la scelta che consente di amare di più. Quella che salva e non quella che elimina. Non è una giustizia quella che toglie vite. Lo si capisce quando si finisce nel suo ingranaggio.”
“Non la convinceva la teoria dell’esistenza di un confine tra diversi momenti del sonno in cui non avviene niente. Troppo poco seducente. Restava l’ipotesi della censura: il sogno esiste, ma chi lo fa lo cancella, lo sbianca, per non doverlo ricordare e farci i conti. È una fantasia che ci si proibisce da sé.”
Veniamo appunto al tema del sogno che dà il titolo al libro che è poi quello che mi ha chiamato quando l’ho visto in biblioteca. Chi mi conosce lo sa che sono un’appassionata lettrice di tutto ciò che riguarda la dimensione onirica. Ed è proprio sul come e sul perché il sogno bianco attraversa le storie dei tre Andrea che mi porta all’ultima considerazione su questo romanzo.
Romagnoli lascia elementi lungo la storia che sembrano non essere essenziali, o che ti danno l’idea, al momento, di essere fini a sé stessi e che invece, man mano che il racconto va avanti, assumono significato e valore e danno senso e spessore al romanzo nella sua interezza.
Insomma, alla fine tutto torna, anche il colore di quel sogno che custodisce il significato delle storie degli Andrea Dorman soldato, sciatore, ex galeotta e del ghiacciaio che ha intrecciato le loro vite.
So che a molti lettori di fantascienza questo romanzo può dar fastidio, già solo per il fatto che non venga presentato come fantascientifico e per quella incongruenza che ha fatto storcere il naso anche a me.
Eppure io vi consiglio vivamente di leggerlo, vi farete del bene, nonostante tutto.
Debora Donadel
Sogno bianco – Gabriele Romagnoli – Editore: Rizzoli – Data di pubblicazione: 20 settembre 2022 – 208 pagine