TRAMA DI EROS PHILIA AGAPE
“Adriana sapeva precisamente quando si era innamorata di Lucian. Era stato tre mesi dopo averlo comprato.”
Eros, Philia, Agape sono tre termini con cui l’antico greco definiva l’amore nelle sue diverse declinazioni.
Eros Philia Agape è il titolo perfetto per questa novella di Rachel Swirsky che pone al centro del racconto la relazione tra Adriana, giovane donna di successo con qualche trauma alle spalle, e Lucian, il suo compagno robot.
In un domani in cui è facile riconoscersi, l’autrice affronta con una sensibilità unica il confronto tra essere umano e intelligenza artificiale, e lo fa da un punto di vista originale e particolarmente brillante.
Rachel Swirsky mette a fuoco l’evoluzione di un percorso emotivo e racconta i rapporti famigliari con una prosa ricca e suggestiva, affascinando il lettore con il dilemma che costituisce il cuore del racconto.
Eros Philia Agape è stato finalista al Premio Hugo, al Premio Locus e al Theodore Sturgeon Memorial Award.
RECENSIONE DI EROS PHILIA AGAPE
Amici di LDFO oggi vi presento un altro tassello che si aggiunge al mosaico della narrativa d’immaginazione che, racconto dopo racconto, Zona42, con la linea editoriale “42 nodi”, sta costruendo.
Stavolta tocca a una novelette di Rachel Swirsky – tradotta da Rosita Pederzolli.
Conoscevo già l’autrice per un suo racconto (Deviazioni nel cammino verso il nulla) presente all’interno dell’antologia “Le visionarie. Fantascienza, fantasy e femminismo” curata da Ann e Jeff VanderMeer. Ed è così che ho potuto cogliere un tema che sembra ricorrente nella sua produzione ovvero il rapporto con l’identità, in relazione alle persone con cui ci si confronta.
Partiamo dal titolo: Eros, Philia, Agape.
L’antica filosofia greca distingueva tre forme di amore: Eros (Ἔρως) l’amore ardente di desiderio; Philia (ϕιλία) l’amore disinteressato ovvero quel sentimento scevro da carnalità, ma più platonico – l’amore delle anime affini per intenderci. Ultimo, ma non per importanza, Agape (ἀγάπη) la forma più pura di amore, quella trascendentale e incondizionata che si ammanta di spiritualità e universalità.
Il racconto di fantascienza di Rachel Swirsky si pone l’ambizioso obiettivo di esplorarli, in maniera indiretta, tutti e tre, ma aggiungendo un punto di vista peculiare: quello di un robot.
Siamo in un’epoca in cui gli androidi sopperiscono a qualsivoglia bisogno dell’uomo ed è in questo contesto che “nasce” Lucien, un robot creato da zero e progettato per amare Adriana.
In appena 40 pagine, l’autrice ricostruisce la parabola esistenziale di Lucien che sviluppa una propria personalità e si arrovella sull’origine delle percezioni e dei sentimenti che prova – sono davvero suoi o è programmato per averli? – tanto da decidere di dare una svolta alla sua esistenza; ci racconta anche di come Adriana abbia valicato dei canoni sociali, legittimando un rapporto che all’apparenza potrebbe sembrare deviato, forte del suo status quo di donna ricca ed emancipata, prova a cambiare dall’interno il sistema di leggi che regola i diritti degli androidi.
Un racconto dolente, velato di malinconia e allegorico, dove una narrazione equilibrata e coerente fa da contraltare a un immaginario fortemente incisivo nel farti visualizzare mentalmente i concetti che vuole sviluppare.
C’è solo un “difetto”, se così vogliamo chiamarlo, che mi ha fatto storcere il naso.
Per i temi spinosi che si propone di esplorare servivano ancora un bel po’ di pagine; vengono intavolate diverse questioni contingenti – inquietudini legate ai fattori socioculturali, il valore dell’interiorità “non-umana”, la controversia legislativa sul dare o meno dei diritti ai robot e altro ancora – trattate in maniera approssimativa, però nel complesso ha soddisfatto le mie aspettative, dandomi qualcosa a cui pensare nei giorni successivi alla lettura.
Elisa R