Recensione Way Station di Clifford Simak

TRAMA E RECENSIONE WAY STATION
Il romanzo Way Station di Clifford Simack (1963) conosciuto in Italia con il titolo La casa dalle finestre nere, non è facile da raccontare, perché la trama è esile, ma il testo è davvero molto denso e ricco di suggestioni.

Il protagonista è un umano che da oltre 100 anni ha il compito di gestire la stazione di transito attraverso la quale passano ogni giorno numerosi passeggeri alieni in viaggio per il cosmo. Solitario, in una casetta nel bosco, che ha l’aspetto di una catapecchia ma in realtà è un bunker inespugnabile, il protagonista raccoglie gli stranieri con affabilità e interesse, accumulando i doni dei suoi ospiti anche quando non ne comprende il significato e la funzione. Con alcune di essi instaura un colloquio come se si trattasse di amici. Finché resta all’interno della Stazione il tempo per lui si ferma e quindi non invecchia, appunto proprio questo lo rende sospetto e la CIA comincia a controllarlo. Egli tiene con molta cura un diario nel quale appunta tra l’altro le sue riflessioni in merito allo stato della Terra che egli sa essere molto vicina ad una guerra devastante. Non dimentichiamo che il romanzo è stato scritto nel 1963 cioè nel pieno della guerra fredda.


Il protagonista deve dunque confrontarsi con due prospettive opposte contrastanti, da un lato la pluralità dei mondi alieni, e l’unità della galassia, dall’altra la prospettiva umana della guerra alla quale i terrestri non hanno saputo rinunciare.
Tuttavia le cose si complicano quando il corpo di un alieno morto nella sua stazione, e che egli ha seppellito, viene trafugato. Molti nella galassia cominciano a pensare che la terra sia un luogo inaffidabile e barbaro. Comincia dunque anche a livello galattico una tensione che potrebbe portare a scelte diverse: la sua stazione potrebbe essere abbandonata e gli alieni dirigersi verso altri luoghi dell’universo. Soltanto un oggetto potrebbe impedire tutto questo il Talismano, un meccanismo capace di mettere in contatto con lo spirito dell’universo, straordinaria forza pacificatrice.
Ma il talismano è stato rubato e soprattutto necessita per funzionare di un Custode capace di instaurare un legame, appunto, spirituale con esso.
Il protagonista si trova per caso a difendere una povera ragazzina sordomuta dalla violenza del padre. Sarà proprio lei, alla fine, a presentarsi come il Custode prescelto e riportare la pace in terra e nella galassia riattivando il Talismano.

Questo bellissimo romanzo, secondo me, va letto prima di tutto come un inno alla diversità, il protagonista, infatti, anche di fronte ad esseri orrendi, infinitamente diversi dalla parvenza umana, non esprime mai né disgusto né rifiuto. Accoglie gli alieni e di volta in volta cerca di cogliere nei suoi ospiti gli aspetti più interessanti. Egli si sforza di studiare le lingue degli alieni perché ha capito che il segreto è poter comunicare: nella comunicazione c’è la chiave della diversità e della convivenza. Certo ognuno ha il suo modo di comunicare, talvolta modi efficaci altre volte equivoci e difficili da interpretare.
Non è un caso che il personaggio risolutore sia una povera sordomuta, cioè qualcuno che per comunicare deve usare modalità diverse da quelle alle quali siamo abituati.
Way Station è un romanzo che io ho trovato appassionante fin dalle prime pagine e che alla fine ti costringe a riflettere su temi quali la diversità, la guerra, la coesistenza pacifica. Superando i luoghi comuni che vedono negli alieni dei nemici pericolosi o dei barbari da colonizzare.
L’idea chiave dell’autore è quella dello Stato universale, in cui la pluralità sia accomunata in una condizione di pace, di collaborazione, di coesistenza. Un sogno? Un’ utopia? Una speranza? Una possibilità? Questioni ancora terribilmente attuali.

STEFANO ZAMPIERI

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