“Che cos’è Perla, la città artificiale in cui Alfred Kubin, grande disegnatore e maestro del fantastico, ha ambientato il suo unico romanzo? È un mosaico di ruderi, di antichità, di avanzi decrepiti e corrosi del passato, tratti dai più famosi angoli del mondo. Una quinta perfetta per la sua popolazione di nevrastenici e nostalgici in fuga dal proprio tempo – ma anche il dominio di un sovrano inafferrabile che tiene sotto il suo incantesimo uomini e cose, accomunandoli in un unico, allucinante disegno. Nato nel 1908 dalle visioni che tormentavano l’autore, e illustrato dal suo pennino febbrile, questo libro ha finito col sembrare, nei decenni, sempre meno un ordito di incubi e sempre più l’evocazione di un mondo che a poco a poco si sta svelando – e suona molto più plausibile se lo situiamo nell’epoca di Blade Runner che all’inizio del Novecento.” ( Dalla quarta di copertina – Edizioni Adelphi )
Info & incipit
Tra il 1907 e 1908, a causa della scomparsa del padre, Alfred Kubin, noto illustratore di 31 anni, annaspa fra una drammatica impasse creativa e una forte crisi depressiva.
Per liberarsi dai suoi demoni, Kubin veste i panni dello scrittore: in dodici settimane scrive L’altra parte e, nelle otto successive, riesce a corredare lo scritto di cinquanta illustrazioni. Un’incredibile catarsi artistica che dà vita ad un’opera finora poco conosciuta ma fondamentale perché stabilisce, agli albori del ‘900, un legame fra fantastico, utopico e distopico.
Godiamo dell’incipit:
Tra i miei amici di gioventù c’era un tipo strano, la cui storia è ben degna di essere sottratta all’oblio. Io ho fatto del mio meglio per descrivere fededelmente, come si conviene a un testimone oculare, almeno una parte degli strani eventi collegati al nome di Claus Patera.
Nel farlo, mi è successo qualcosa di bizzarro: mentre mettevo coscienziosamente per iscritto le mie esperienze, mi è sfuggita, senza che me ne accorgessi, la descirzione di alcune scene alle quali è impossibile che io abbia assistito, e che nessuno può avermi riferito. Si parlerà in seguito dei singolari fenomeni dell’immaginazione che la vicinanze di Patera suscitava in una intera collettività. A questo influsso debbo attribuire la mia misteriosa chiaroveggenza, Chi cerca una spiegazione, si attenga alle opere dei nostri ingegnosi psicologi
La rece
«C’è una quinta dimensione oltre a quelle che l’uomo già conosce; è senza limiti come l’infinito e senza tempo come l’eternità; è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere: è la regione dell’immaginazione, una regione che potrebbe trovarsi “Ai confini della realtà“.
Ve lo ricordate? questa era l’apertura di tutti gli episodi di una serie tv che ha fatto storia: Ai confini della realtà, The twilight zone, la zona del crepuscolo; e proprio in questa ultima definizione (traduzione letterale del titolo originale), si colloca L’altra parte anticipando queste atmosfere di almeno cinquant’anni: in America, la prima stagione di The twilight zone andò in onda nel 1959 con autori come Richard Matheson e Ray Bradbury, chiudendo così il cerchio sul distopico.
Alfred Kubin, sapiente illustratore, riesce a tratteggiare un mondo mai illuminato completamente, in cui la luce del sole è sempre filtrata, attutita, e offuscata come la ragione: a Perla, capitale del Regno del Sogno, la razionalità ha lasciato il passo ad altro; a qualcosa che appare irreale ma che, allo stesso tempo, è dotata di una incredibile concretezza.
Un dominus incombente e invisibile aleggia sulla città, dove la vicenda vive, e su tutto il suo regno. Gli individui che lo abitano sembrano liberi di fare ciò tutto che desiderano, ma è davvero così? O forse, sono mossi dai gangli nervosi dal fondatore dello “paese del sogno”? Sulle prime il lettore sarà disorientato, poi, nel corso della lettura, verrà trascinato dal corso degli eventi fino ad una pirotecnica implosione finale.
Considerazioni finali & estratto
Quanto è grande il potere della mente e quanto, questo potere, può influire sulle nostre vite? Non alludo alla telepatia o alle capacità fuori dal comune (sempre che ci siano); ma alle normali attività del nostro cervello delle quali, pare, ci avvaliamo solo in piccola percentuale. Provare a volare con il pensiero o a “sentire” con la mente, forse sono delle attitudini del nostro “Io” che la società contemporanea sta comprimendo relegandole a ruoli secondari all’interno del nostro animo. Dovrebbero, invece, avere almeno pari dignità rispetto a quelle più pratiche perché, molto probabilmente, sono l’unica uscita di sicurezza da una realtà che deraglia lentamente verso l’assurdo.
Non so se Kubin avesse presente tutto questo, mentre scriveva il suo romanzo, ma questo passaggio, almeno a me, ha generato questa riflessione. Ma chi meglio dell’autore può illuminarci? Ecco a voi un estratto del suo libro. Buona lettura.
Un giorno, davanti a una conchiglia, mi resi conto con la massima chiarezza che il suo modo di esistere non era così sordo come avevo pensato fino a quel momento. E presto mi accadde lo stesso per tutto, per il mondo intero. All’inizio le sensazioni più intense mi venivano prima di addormentarmi o subito dopo il risveglio, quando cioè il corpo era stanco e la vita, in me, si trovava in uno stato crepuscolare. Un mondo, non sempre vivente, doveva essere di continuo ricreato, e sempre nuovo.
Sentivo vieppiù il legame comune che c’era in tutte le cose. I colori, gli odori, i suoni e i sapori erano per me intercambiabili. E allora compresi: il mondo è forza d’immaginazione, immaginazione-forza.