TRAMA
Sara, Paolo, Enrico, Elena, Alessandro, Eleonora, Adriano, Ioan, Tania, Gheorghe, Jean-Louis, Dorota, Just, Veronica… e Bogumil. Tutti assieme durante la fine dell’era del carbonio e nell’inizio di una nuova glaciazione, con i biomi onirici e con i mutanti delle zone acide, nella ricerca di una risposta, quando la domanda già contiene il senso di ognuno di loro e di tutti.
RECENSIONE
Ammetto che non è semplice trovare un modo per raccontarvi questo romanzo. Ho faticato molto a leggerlo, a comprenderlo e alla fine non sono riuscito a entrare in sintonia con lo stile narrativo dell’autore.
La storia ha degli spunti interessanti, uno scenario distopico forte che proietta il lettore tra la fine dell’era dei combustibili fossili e l’inizio di una nuova glaciazione. Il mondo è marcio, inquinato e avvolto in una nube velenosa che ha distrutto la vita.
Attraverso gli occhi di una dozzina di personaggi l’autore ci mostra un mondo in cui tutto sta cambiando. Creature mutanti emergono dai cumuli tossici, il cuore delle persone è arido come la terra su cui vivono e la speranza sembra aver abbandonato l’umanità.
La narrazione è vasta e vuole affrontare molti temi, sfortunatamente lo stile dell’autore, a cavallo tra l’epico-dialettale e una prosa futurista, non mi ha permesso di apprezzare la storia.
“Calmo, Enrico! Respira. Ascolta i tuoi muscoli. Lasciali in riposo. Non dobbiamo cedere. Io, te, tutti. Anche se ci hanno rilasciato da due anni, saremo in quarantena per sempre. Non ti lascio solo (abbassando i suoi grandi occhi neri)”.
“Sì, lo so. È difficile ogni giorno, d’ogni ora, resistere al richiamo. Sì… dobbiamo, dobbiamo… aggrapparci a questo verbo che è il nostro veleno. Sembrava avere un senso e, sì, lo sapevamo. È finita”.
“No, Enrico, è l’inizio. Quello è il primo cadavere. Ne avremo di lavori. Ci adatteremo. Uniti. Da soli, invece, finiremmo come i nostri ex commilitoni”.
“Non sono pazzi”, rispose vitreo Enrico.
“È impossibile che lo siano tutti. Non abbiamo una via d’uscita. Il petrolio e il carbone saranno ancora estratti, ma non in quantità tali da poter essere trasportate ovunque. Lo stramaledetto uranio sarà sempre più il perno di tutto. Ancora non riesco a credere che noi si sia usciti indenni dalle radiazioni, dopo esser stati per tutto quel tempo laggiù”.
“È semplice: nell’aggrapparci a vivere l’un con l’altro, controllando la paura per mantenere un legame di fiducia. E proprio oggi dovremo continuare così. Per la miseria! Abbiamo lavorato nella mansione di manutentori nelle ziggurat. Divorare queste carcasse per noi è un gioco. Ce la faremo”.
Sono certo che Dentro l’apocalisse troverà molti estimatori, persone più capaci di me che sapranno entrare in sintonia con uno stile narrativo a me poco congeniale.
A presto.
Delos