Trama
Quando vedrò una macchina pensare come un essere umano? E cosa mi dirà?
Domande che da sempre accompagnavano l’ordinata e razionale esistenza di Dario, giovane ricercatore toscano, esperto di intelligenza artificiale. Finché un giorno, per caso, il suo gruppo di ricerca si imbatte in un curioso sito, tidounconsiglio.com, che sembra capace non solo di fornire risposte a quesiti pratici, ma anche di distinguere tra giusto e sbagliato, tra bene e male. Impossibile per Dario e i suoi colleghi resistere alla tentazione di rivolgersi a ‘Osvaldo’, l’oscuro software onnisciente, per prendere qualsiasi decisione. Ma tra strane coincidenze e sospetti inquietanti, quello che è iniziato come un gioco si trasforma in un vero e proprio giallo…
Un romanzo spumeggiante, costellato di personaggi memorabili – dal taciturno fisico tuttologo al borioso barone universitario, all’anziano viveur campione di bridge –, che con leggerezza e humour affronta uno dei temi più controversi nel rapporto tra l’uomo e la tecnologia: il libero arbitrio.
Recensione
Ambientazione tutta italiana per “Osvaldo, l’algoritmo di Dio” di Renato de Rosa, pubblicato da Carbonio Editore.
Il titolo spiazza, lasciando a metà tra il sorriso e il desiderio di saperne di più… Cos’è Osvaldo lo svelo subito, è un chatbot davvero speciale che l’esperto informatico Dario e i suoi colleghi di lavoro scoveranno quasi per caso e, in maniera goliardica, rinomineranno così. Ad accendere il loro interesse è l’accuratezza dei consigli che elargisce, sono oggettivamente giusti e sembrano seguire un’etica, i numerosi tentativi di metterne a dura prova l’efficacia vanno tutti in fumo, tanto che quest’entità virtuale acquisisce ai loro occhi una connotazione “divina”. Un sito internet all’apparenza scarno: un layout essenziale, si scrive una domanda riassumibile in due alternative e il bot saprà scegliere quella corretta. Scoprire chi si nasconde dietro “Osvaldo” diventerà lo scopo principale di questa combriccola perché sembra quasi inaccettabile l’idea che si tratti davvero di un’entità ultraterrena.
Una storia insolita e appassionante sulle storture della contemporaneità e di una scelta radicale di cui forse il mondo non sentirà mai parlare.
Una domanda stupida può stravolgerti la vita, ogni piccolo insignificante gesto può farlo […] chi può dire cosa sarebbe successo se quella domanda non l’avessi mai fatta? Questo, in fondo, è il grande dilemma della vita: di tutti i potenziali infiniti futuri, ne possiamo vedere solo uno.
Dario, la nostra voce narrante, assieme al suo gruppo di lavoro si troverà dinanzi a un aut aut difficile. Sarà lui, dalla mentalità scientifica e prettamente razionale – infatti la sua intera esistenza si fonda sulla logica e ogni evento è percepito attraverso questa lente – in un misto tra incredulità e confessione, a raccontarci quella che potremmo definire un’impresa folle imperniata su una sorta di lotta interiore su quanto possa essere labile il concetto di libero arbitrio. Abbiamo davvero il controllo sulle nostre vite? E se potessimo cederlo a qualcuno in grado di prendere decisioni corrette al nostro posto, ci rinunceremmo a cuor leggero?
Fra rocambolesche e febbrili situazioni e bizzarri personaggi che vanno ad alleggerire la gravosità del tema; Renato De Rosa con acume ci racconta, servendosi di una potente metafora narrativa, quella di un’intelligenza artificiale dalla parvenza umana, il disfacimento dell’autenticità dei rapporti sociali, le profonde paure e insicurezze che ci attanagliano e che, talvolta, non osiamo confessare neanche a noi stessi.
Una storia dall’andamento circolare che sfrutta con cognizione di causa i punti di forza di diversi generi letterari, lo si potrebbe definire “camaleontico”, poiché non mancano rimandi al giallo, al noir, alla tragicommedia, per certi versi dà spunti di riflessione anche sul piano teologico, di modo che ognuno possa riconoscere una propria chiave di lettura.
Di distopico, nel senso stretto del termine c’è poco, gli algoritmi hanno già un ruolo primario nel nostro presente, quella che stiamo vivendo è una vera e propria era digitale pertanto più che un romanzo proiettato nel futuro ne si apprezza la sua attualità.
La penna del De Rosa è ironica ma mai lapidaria, egli è abile nel descrivere quelle fragilità tipiche della condizione umana. Lo stile di scrittura infatti cattura e avvince il lettore, sostenuto da un ritmo travolgente e punteggiato di un umorismo fine con tendenze al citazionismo; si dà l’adeguata considerazione ad Alan Turing uno dei padri fondatori dell’intelligenza artificiale, il primo a chiedersi se una macchina costruita dall’uomo potrà in futuro pensare come un essere umano e possedere una coscienza.
Osvaldo, l’algoritmo di Dio si inserisce di diritto nella letteratura postmoderna è un romanzo lieve, talvolta divertente, ma sicuramente intenso se si va oltre all’apparenze.
Elisa R